L’approccio con le elezioni europee ci obbliga a guardare ciò che stiamo realizzando del nostro continente. Ma che cosa è l’Europa? Cominciamo da quello che vediamo. Quando si viaggia attraverso il continente, ci si confronta con una grande varietà nel paesaggio naturale, ma anche nel paesaggio umano. Costantemente ci meravigliamo delle numerose lingue, abitudini, tradizioni (culinarie, architettoniche…), così come delle numerose idee e stili di vita. Tutto questo può essere inteso come un caleidoscopio, nel quale ogni pezzetto, messo insieme agli altri, senza perdere la propria identità, si relaziona agli altri per creare qualcosa di nuovo, di inedito e più bello.
L’Europa, però, non è soltanto diversità, parte da un terreno comune che non è semplicemente geografico. Ci sono molti valori e principi condivisi, e soprattutto esistono la fede cristiana e la cultura da essa generata, la quale è ancora fortemente radicata e ci fa capire che siamo più di semplici “popoli vicini”. Essere cristiani significa che tutti appartengono allo stresso popolo, alla stessa famiglia. Non abbiamo bisogno di pensare l’altro come nemico che ci minaccia. Chi, per difendere i propri interessi, crede necessario attaccare l’altro o chiudersi in sé, testimonia egoismo e insicurezza.
Ma la fede non si limita a insegnare che c’è qualcosa di comune. Essa ci mette in moto e ci mostra il metodo per vivere insieme e rafforzare l’unità mantenendo la pluralità. La fede ci rende consapevoli che l’unità si costruisce come comunione, cioè come dialogo e condivisione, e con la collaborazione di ciascuno. Questo vale per l’unità di una famiglia, ma anche di una nazione o di una comunità di nazioni. L’avventura europea, che oggi conosciamo come Unione europea, è cominciata perché in origine vi erano uomini di fede che avevano visto come un mondo che si allontana da queste verità è destinato all’autodistruzione. La pace, a cui tutti ambivano dopo la seconda guerra mondiale, non è meno importante oggi: essa richiede una costante vigilanza.
Per costruire una comunità vera e coesa dobbiamo dare spazio alla solidarietà, che ci porta a considerare i bisogni degli altri come nostri, e a contribuire attivamente al bene comune. E bisogna anche attuare la sussidiarietà, che si realizza pienamente quando ogni gruppo e ogni comunità, liberamente e responsabilmente, può assumere i propri compiti. Un’Europa democratica, dove ogni persona e ogni nazione si sentono a casa e collaborano nella casa comune, dovrebbe essere un modello per la cooperazione internazionale, che guarda alle persone concrete, alle famiglie e, soprattutto, ai più vulnerabili.
Né la pace, né la solidarietà, né la sussidiarietà possono diventare realtà quotidiane e condivise se ci dimentichiamo il valore della persona umana. Come papa Francesco ricorda costantemente, non possiamo mantenere una cultura in cui l’altro è disprezzato o considerato come un oggetto da usare e gettare. Questo richiede amore e non basta la semplice giustizia umana. Come affermò papa Paolo VI, nel suo discorso per il 25° anniversario della Fao nel 1970: «La giustizia sociale ci fa rispettare il bene comune e la carità sociale fa che lo amiamo». Forse qualcuno ancora pensa che in politica non ci sia posto per parlare di amore. Io, invece, sono convinto che solo una cultura di amore può garantire una giustizia duratura. Questo non ci fa negare le regole della giustizia, ma ci fa andare oltre la logica dei calcoli. Così nasce una cultura della gratuità, unica capace di unire le persone, proprio perché le rende disponibili per gli altri.
Le elezioni europee possono essere un buon momento per ricordare questi punti essenziali della vita sociale. La missione dei cristiani, però, non si svolge come una qualche ingegneria sociale, anche se condotta da valori e principi giusti. La Chiesa non è una ong! Quello che è proprio della nostra identità – ed è ciò di cui il mondo ha più bisogno – è Cristo stesso. Cristo è la grande necessità degli europei. Tutto questo ci porta a capire l’importanza di prendere sul serio l’evangelizzazione dell’Europa. Senza un cambiamento del cuore, che proviene dalla scoperta di Dio e del suo amore, non saremo capaci di costruire un’Europa più umana. Al contrario, quando qualcuno scopre Gesù, diventa capace di amare gli uomini senza arrendersi, anche quando l’ambiente costringe ad andare contro corrente. Grazie alla fede in Gesù Cristo, i cristiani sono realistici: conoscono il cuore umano – sia la sua grandezza, con le sue esigenze di vero e di bello, sia le sue ferite – e sono sicuri del sostegno di Dio.
Chiamato a votare in queste elezioni europee, il cittadino cristiano deve avere presente tutti questi pilastri per costruire l’Europa di oggi e di domani, ma anche per assumere di nuovo, e con rinnovato vigore, il compito di annunciare il Vangelo, come il Santo Padre instancabilmente ci spinge a fare.