Non esiste una bacchetta magica per far fronte al problema delle migrazioni di massa verso l’Europa. Non è possibile – come qualcuno si augura – far sparire in un solo colpo barconi e profughi. Ed è chiaro a tutti che l’instabilità e la povertà che caratterizzano tante regioni di Africa e Asia dove si generano i flussi migratori sono ferite aperte che ci accompagneranno ancora a lungo. Ma è altrettanto chiaro che risposte percorribili, benché parziali, a queste sfide epocali ne esistono e la politica – con le sue liturgie e i suoi tempi – è la strada necessaria da percorrere per raggiungere risultati concreti.
È quanto emerso dal Consiglio europeo straordinario, terminato ieri notte a Bruxelles con una dichiarazione sottoscritta da tutti i capi di Stato e di governo Ue. La quale impegna loro stessi – come leader -, le loro coscienze, e i rispettivi Paesi a salvare la vita dei disperati che ancora si affidano alle acque del Mediterraneo alla ricerca di una vita migliore. Dichiarazione solenne che chiama in causa i singoli Stati aderenti e l’Unione europea nel suo insieme per costruire, in un futuro per ora indefinito, una vera politica migratoria comune, anche dinanzi alla palese ritrosìa di non pochi governanti e agli egoismi nazionali, accomodatisi anch’essi al tavolo del summit.
Le decisioni assunte sono sufficientemente chiare, benché non esattamente sorprendenti o coraggiose. Anzitutto bisogna salvare vite umane; così nella dichiarazione finale del vertice si legge: “la nostra priorità immediata è evitare altre morti in mare”. In secondo luogo l’Ue si protende verso Sud e rimbocca le maniche: “Abbiamo deciso di rafforzare la nostra presenza in mare, lottare contro i trafficanti, prevenire i flussi migratori illegali e rafforzare la solidarietà e la responsabilità interne. Poiché l’instabilità in Libia crea un ambiente ideale per le attività criminali dei trafficanti, sosterremo attivamente tutti gli sforzi a guida Onu diretti a ristabilire l’autorità di governo in Libia”. Uguale attenzione viene riaffermata per l’Africa interna, la Siria e l’area mediorientale.
Terzo: le operazioni di pattugliamento del Mediterraneo e di salvataggio dei migranti avranno più soldi: le risorse finanziarie vengono triplicate per quest’anno e per il 2016 e i 3 milioni al mese per Triton diventano 9. Ci saranno più mezzi (navi, elicotteri…), messi a disposizione da diversi Stati. L’area di azione di Frontex si estende.
La lotta ai trafficanti di vite umane e agli scafisti – quarto punto – vedrà impegnata l’Europa sia nel controllo in mare sia nel tentativo di eliminare le imbarcazioni, con azioni, sotto l’egida dell’Onu, anche in terra africana. Sono mobilitate Europol, la stessa Frontex, l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) ed Eurojust, compresa “una più intensa attività di intelligence e cooperazione di polizia con i Paesi terzi”. Il monitoraggio, in chiave preventiva, delle frontiere interne africane sarà esteso, fra gli altri, a Tunisia, Egitto, Sudan, Mali, Niger. Inoltre la lotta alla tratta considera finalmente internet, dato che la rete è utilizzata dai trafficanti per attrarre nuovi “clienti” da imbarcare verso l’Europa.
Non manca, quinto elemento, l’impegno a “rafforzare la cooperazione politica con i partner africani a tutti i livelli per affrontare la causa della migrazione illegale e contrastare il traffico e la tratta di esseri umani”. A tale scopo si terrà nei prossimi mesi un vertice Ue-Unione africana a Malta, che dovrà forzatamente riconsiderare anche la cooperazione allo sviluppo economico e sociale.
E se si evidenzia – sesto punto – l’urgenza di una “effettiva attuazione del sistema europeo comune di asilo da parte di tutti gli Stati membri”, quando si arriva al settimo capitolo essenziale, il ricollocamento in chiave solidale dei profughi sbarcati sulle coste italiane, maltesi o greche, scattano i veti nazionali. Non è escluso che arriveranno modesti aiuti finanziari ai Paesi che guardano al Mediterraneo, ma “l’organizzazione di una ricollocazione di emergenza fra tutti gli Stati membri” sarà “su base volontaria”. Su questo punto il premier britannico David Cameron, appoggiato da altri colleghi del Nord, dei Baltici e dell’Ungheria, è stato chiaro: “Da noi non un solo migrante”. Le elezioni inglesi del 7 maggio evidentemente pesano più dei migranti africani.
I 28 leader hanno infine stabilito che la Commissione e la presidenza del Consiglio europeo presenteranno settimana prossima “una tabella di marcia” fino a giugno, mentre “il Consiglio europeo attende con interesse la comunicazione della Commissione relativa all’agenda europea sulla migrazione, al fine di sviluppare un approccio alla migrazione più sistemico e globale”.