Scarp de’ tenis,rivista della Caritas ambrosiana, ha curato un’inchiesta sul gioco d’azzardo tra i minorenni, da cui sono tratti questo articolo e i due allegati. Le due autrici hanno realizzato anche l’audiodocumentario «Giochi pericolosi» (allegato anch’esso), selezionato tra le opere in concorso per l’edizione 2014 del premio L’Anello Debole, bandito dalla Comunità di Capodarco per i migliori video e audio su temi di fragilità, emarginazione, disagio sociale e sostenibilità ambientale.
Gli adulti giocano d’azzardo perché nel profondo cercano un riscatto. La vita è dura, ci sono difficoltà economiche, il lavoro non va bene, la situazione familiare traballa. E allora si punta sulla fortuna, «perché – pensa la mente del giocatore – se tutto va male, almeno quella andrà meglio». Ovviamente non sta scritto da nessuna parte. I minori invece giocano perché fraintendono il significato di quello che stanno facendo: complice la pubblicità ingannatoria con cui vengono presentati i giochi, pensano di stare mettendo alla prova le loro abilità intellettive. Invece è solo caso, e di solito si finisce spennati. Una cosa però è certa: più del 40% degli italiani gioca d’azzardo. Si parla di qualcosa come 17 milioni di persone, e non è esagerato definirla epidemia sociale. L’ultima ricerca sul gioco d’azzardo è stata realizzata dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr).
L’indagine rivela che il 42% della popolazione che è stata presa come campione, nelle fasce di età 15 e 64 anni, ha giocato somme di denaro almeno una volta nel corso degli ultimi 12 mesi. Andando nello specifico, e prendendo soltanto la fascia di età dei più giovani che vanno dai 15 ai 24 anni (equivalente a 2,2 milioni di giovani adulti), è emerso che il 36% di loro ha fatto una giocata nell’ultimo anno: di questi, il 27% sono stati considerati «giocatori sociali», e il 9% «giocatori problematici», questi ultimi corrispondenti a 500 mila persone.
E quindi, veniamo al problema: i giovani. Sebbene giochino meno in generale, i giovani presentano più frequentemente rispetto agli adulti situazioni di gioco problematico. «Il problema è la manipolazione semantica che ci sta dietro – ha spiegato Maurizio Fiasco, sociologo e consulente per diverse associazioni anti usura italiane – cioè lo scambio di significati, la loro alterazione. Il gioco d’azzardo è un gioco totalmente aleatorio, casuale, invece viene fatto passare ai minori come qualcosa che dipende dalle loro abilità. Per i ragazzi in pratica diventa un’esperienza che può attribuire loro un’identità, uno statuto».
La legge parla chiaro: il gioco d’azzardo ai minori è vietato, ma le forme di controllo sono pressoché inesistenti, o comunque troppo difficili da mettere in atto, soprattutto perché ormai la maggior parte del gioco d’azzardo si è spostata in rete.
«In Italia ci sono 450 mila slot machine – continua Maurizio Fiasco – e 14mila sono le sale dedicate al gioco. Poi ci sono 70 mila pubblici esercizi, anch’essi con macchinette da gioco e infine c’è l’online. I controlli, se ci sono, certamente non sono sufficienti e anzi, quello che sta esplodendo, è proprio il fenomeno del gioco su internet per il quale i giovani non si propongono più da soli, ma si associano in gruppo, si organizzano».
Ad essere più esposta, secondo lo studio del Cnr, è la popolazione maschile, sia giovani tra i 15 e i 24 anni che adulti. In generale, il 10% dei giovani maschi giocatori rischia di sviluppare dipendenza da gioco d’azzardo, cioè cinque volte di più rispetto alle coetanee, anche se la popolazione femminile ha probabilità doppia di cadere nel gioco problematico rispetto agli uomini nella fascia 25 e 64 anni.