Negli ultimi mesi la cronaca mediatica ha prestato attenzione alle baby gang: quelle che minacciavano un quartiere romano, quelle che agivano indisturbate per le strade di una periferia milanese o quelle che in agosto si davano appuntamento per una battaglia in un parco di Bologna.
Ferisce notare l’accostamento tra adolescenza e violenza. Ma questi gravi episodi, fortunatamente circoscritti, si radicano su un terreno più ampio. L’estensione del fenomeno ci dice quanto è difficile essere adolescenti oggi.
C’è un sottile strato di violenza che attraversa il mondo delle nuove generazioni e in modo trasversale coinvolge maschi e femmine. Abbiamo il compito di considerarla, di denunciarla e affrontarla, perché quelli che ne pagano le conseguenze sono sempre i più deboli.
Se scendiamo di un gradino la scala della violenza sotto le baby gang incontriamo il bullismo: una piaga che attraversa il pianeta giovani. Alcune ricerche, come quella svolta nell’ambito del Progetto europeo “Antibullyng Campaign”, afferma che nel nostro paese un ragazzo su cinque ne è vittima e circa il 50% ne è stato testimone silenzioso, mentre il 16% dichiara di essere un bullo. Risulta interessante segnalare che la scuola è il luogo dove più frequentemente accadono gli episodi di sopraffazione.
Se ci inoltriamo ancora un po’ nell’esplorazione entriamo nel realtà virtuale dove il bullismo diventa “cyber”, ma le sue conseguenze sono identiche e il cerchio dei coinvolti si allarga ancora: il 71% degli adolescenti italiani percepisce la presenza della minaccia, secondo una ricerca Ipsos-Save the children. È un fenomeno pervasivo perché può raggiungerli in qualsiasi momento attraverso un messaggio molesto che arriva sullo smartphone o attraverso le creazioni di gruppi (una specie di baby gang virtuale) sui social network. Quest’ultimo tipo di violenza si esprime soprattutto nella comunicazione con parole, immagini, filmati e colpisce i più sensibili specialmente le ragazze.
Quando rivolgiamo l’attenzione alle vittime del bullismo, scorgiamo la loro fragilità. Da tutte le indagini infatti i perseguitati sono i ragazzi che a scuola non ottengono buoni risultati oppure quei ragazzi con problemi familiari alle spalle. Insomma è la loro vulnerabilità familiare e culturale a facilitare la loro esclusione dal gruppo prima e la loro oppressione poi. Occorre combattere la legge del più forte.
Nella battaglia alla violenza diffusa il ruolo delle famiglie e della scuola diventa essenziale, perché si tratta di costruire reti di prossimità capaci innanzitutto di contrastare la solitudine dei più deboli e di smontare la paura di quei testimoni silenziosi, che finiscono volenti o nolenti per essere complici. Scuola e web sono i due ambienti privilegiati dal bullismo, perché sono quelli dove i ragazzi vivono le loro prime esperienze di socialità nel gruppo dei pari in modo autonomo. Questo però non significa che gli adulti non debbano sentire la responsabilità di accompagnarli e tutelarli, magari da lontano, senza farsi vedere.