È andata peggio del previsto: mai negli Ottavi di finale Champions League ci eravamo presentati con una sola squadra, il solito Milan che non tradisce, nonostante gli stenti legati al suo balbettante campionato, le crisi infinite a livello societario e quel pareggio con l’Ajax strappato con le unghie e con i denti in dieci uomini a San Siro. Poi onore al Napoli, che esce (anche qui record) dopo aver totalizzato 12 punti, da un girone infernale che solo per differenza reti vede passare Arsenal e i vicecampioni del Borussia Dortmund. Ma peggio è andata alla Juventus, che al terzo anno di gestione Conte si presentava ai nastri di partenza con un Tevez in più e la voglia di arrivare finalmente ai vertici del calcio continentale. Invece è arrivato lo spauracchio Istanbul, che per i club italiani resta una città incubo, dato che agli inizi del Duemila già il Milan venne eliminato dal Galatasaray e sempre qui i rossoneri conobbero la più allucinante delle rimonte ai danni del Liverpool nella finale del 2005. Stavolta, però, l’eliminazione bianconera è seriamente inficiata da una serie di variabili che con il calcio hanno poco a che fare.
Tutti hanno visto il campo in cui 22 pedatori cercavano di stare in piedi sul ghiaccio, sia nel primo match che nel secondo, senza poter imbastire una minima trama di gioco. Poi, però, l’Uefa e l’arbitro hanno imposto il loro diktat: si deve giocare a tutti i costi. Incombeva, infatti, il sorteggio, c’erano dei diritti che sponsor e tv sono pronti a difendere minacciando penali, qualora non venissero rispettati alla lettera. Così si è assistito a uno spettacolo penoso, a un tamburello innevato in cui campioni di statura mondiale venivano ridotti al rango di semplici dilettanti, pronti a sparacchiare via il pallone, perché la posta era troppo alta per permettersi uno svarione su quel campo trasformato in una trappola di fango. Alla fine, però, la Juventus si è ritrovata fuori non solo per l’unica magia di Sneijder: la qualificazione, come onestamente ha ammesso anche Conte, se l’era giocata, e male, nelle precedenti partite, quando era riuscita a ottenere una sola vittoria contro i modesti danesi, lasciando per strada punti pesantissimi. Questo non toglie che quella partita in terra turca non andava giocata: così ai tifosi juventini, quelle immagini surreali avranno sicuramente riportato alla memoria una situazione analoga, quando nel Duemila persero lo scudetto nella palude di Perugia, dopo che l’arbitro Collina, sensibilizzato a dovere da Lega e Federazione, si rifiutò di rinviare una partita dopo un diluvio epocale solo per garantire la contemporaneità con l’altra partita scudetto, che vide la Lazio agguantare il titolo in maniera insperata. E a proposito di ricorsi, uno dei vincitori da giocatore dello scudetto di allora sulla sponda biancoceleste fu Roberto Mancini, che ora, da allenatore del Galatasaray, si prende la soddisfazione di fare un nuovo sgambetto alla Vecchia Signora.
Ora si riparte con una strada ripidissima per il Milan negli Ottavi e una Europa League mai così ricca di italiane ai Sedicesimi di finale: se finalmente non prenderanno sottogamba il torneo, allora le probabilità che qualcuna riesca ad accedere alla finale diventano alte, anche perché quest’anno l’atto finale si gioca proprio allo Juventus Stadium, un fattore che dovrebbe dare una carica in più ai bianconeri, e perché no, anche a Napoli, Fiorentina e Lazio, che farebbero carte false per trionfare nel tempio dei rivali. Verrebbe quindi da gioire per il Milan se i soliti delinquenti non avessero rovinato tutto con scontri e feriti gravi prima del match con l’Ajax: lacune tecniche a parte, il vero morbo del pallone resta soprattutto una violenza che sembra non arretrare mai.