Nel tennis registriamo un record difficilmente battibile a breve termine. Lo spagnolo Rafa Nadal ha trionfato agli Internazionali di Francia per la nona volta, impresa da Superman in uno sport tutto muscoli e furore agonistico di questi anni.
Rafa è questo, ma è anche molto di più. È l’uomo che la stampa aveva già bollato come finito nel 2006, per il grave infortunio allo scafoide che lo costrinse a un lungo periodo di inattività. Eppure è tornato più forte di prima, grazie a un fisico straordinario, ma anche a una tenacia e una determinazione fuori dal comune. Ora l’ennesima vittoria al Rolland Garros contro uno dei suoi rivali di sempre (Djokovic l’ultimo ad arrendersi, ma nella prima parte della carriera il suo vero alter ego è stato Federer) gli vale per sempre il soprannome di “King of Clay”, il re della terra rossa, forse il migliore di ogni tempo, almeno come rendimento, su questa superficie.
È un atleta completo Nadal, simbolo di una Spagna vincente, che negli ultimi anni ha fatto incetta di trofei un po’ in tutte le discipline, dagli sport individuali a quelli di squadra, anche grazie a una lungimirante politica di programmazione che fin dai primi anni di scuola di un bambino, non guarda solo alla “fisicità” ma alla tecnica individuale, al modo di stare in campo, al comportamento e alla capacità di sacrificio reciproca.
Basterebbe guardare l’Atletico di Madrid di quest’anno, di gran lunga oggi la squadra di club più organizzata: tutti giocano per il compagno, nessun egoismo, massima disponibilità a ricoprire ogni ruolo. E i risultati si sono visti anche in campo europeo, dove non è un caso che a trionfare nelle due coppe continentali siano stati il Real Madrid in Champions e il Siviglia in Europa League. Senza contare naturalmente il fatto che la Nazionale di calcio spagnola è campione mondiale uscente, dopo aver conquistato anche due allori europei consecutivi. Quasi sulla stessa falsariga il basket, con il Real che in Eurolega si è dovuto arrendere all’entusiasmo del Maccabi, ma resta sicuramente la più forte come tasso tecnico. Se poi spostiamo l’obiettivo sui motori, vediamo che il Mondiale di Motogp è dominato dal giovane talento Marquez, capace di inanellare 6 trionfi consecutivi, ma sempre tallonato da un altro grande campione Jorge Lorenzo e da Daniel Pedrosa. Senza contare l’ultima edizione della Dakar, che anche qui parla iberico. Anche qui la Spagna ha giocato d’anticipo, permettendo in maniera diffusa a giovanissimi di talento di esercitarsi su minimoto o kart, un po’ come in passato era accaduto in Italia con Valentino Rossi.
Programmazione e passione quindi hanno portato al miracolo spagnolo: con un po’ di umiltà, potremmo seguire il loro esempio, cercando soprattutto di svelenire quel clima da corrida (che paradossalmente abbiamo noi e non loro) della vittoria a tutti i costi che ci ha sempre tarpato le ali.