Dopo i due anni da sogno della Schiavone, il piccolo-grande capolavoro di Sara Errani al Rolland Garros ci fa capire che l’Italia del tennis continua a essere protagonista sui campi di tutto il mondo. Se alle prodezze della ragazza bolognese aggiungiamo poi l’impresa sfiorata da Andreas Seppi, che ha costretto il numero uno del mondo Djokovic a una maratona per evitare una clamorosa eliminazione anticipata, possiamo ben dire che anche in campo maschile la riscossa è cominciata. Ne sapremo di più probabilmente in autunno, quando a metà settembre a Napoli gli azzurri ospiteranno il Cile nello spareggio per restare tra le “grandi” della Coppa Davis.
Grandi, invece, le ragazze lo sono già, e anche se la coppia regina Pennetta-Schiavone fa segnare qualche appannamento, ci pensa la Errani a farci sognare. Dopo l’impresa nei quarti contro la tedesca Kerber, Sara ha subito dedicato la vittoria a chi sta soffrendo per il terremoto, nella sua terra, quell’Emilia generosa e fiera che le ha dato modo di crescere e di presentarsi sulla terra rossa parigina.
Una supremazia, quella delle azzurre, confermata a Parigi anche nel doppio, che ha visto la Errani duettare magnificamente con Roberta Vinci. Una coppia che finalmente ha trionfato in uno Slam e che oggi non ha uguali al mondo: ci ricorda i tempi della grandeur maschile targata Panatta-Bertolucci. Vinci-Errani hanno confermato anche al Rolland Garros quella striscia vincente che aveva permesso loro di trionfare a Monterrey, Acapulco, Barcellona, Madrid e Roma.
Battendo in semifinale di singolo l’australiana Stosur (dalla quale aveva sempre perso), Errani ha raggiunto due finali in due giorni, capolavoro che non era mai riuscito a nessuno dei nostri in un torneo del Grande Slam. Non fa niente che poi sia caduta davanti a un monumento del tennis come la Sharapova in finale: la sua è stata comunque una grande impresa, che le vale l’ingresso nella top ten del ranking mondiale.
Quella della piccola emiliana è una storia semplice, di una ragazza genuina cresciuta all’ombra delle due compagne più famose (Pennetta-Schiavone), ma che ha avuto sempre la costanza di migliorarsi, game dopo game. «Sono qui perché sono testarda», ha affermato al termine della semifinale quella che dai parigini è già stata ribattezzata “mademoiselle Sara”. Grinta e lucidità, quindi, ma anche capacità tecniche, con quelle improvvise accelerazioni, palle cariche di top spin e l’uso di tante palle corte, variabile ormai rara nel tennis moderno, tutto muscoli e bordate da fondo campo.
Alla fine dell’incontro le lacrime di commozione accomunavano lei in campo e il papà in tribuna sotto gli occhi del suo coach Pablo Lozano che, quando era ancora una perfetta sconosciuta, seppe predirle un futuro radioso a una condizione: «Puoi diventare grande anche se sei piccola di statura, ma devi vivere di pane e tennis, anzi di tennis e tennis». Promessa mantenuta, risultato raggiunto. E accanto all’aspetto tecnico è cresciuto, partita dopo partita, anche quello psicologico: «Non credevo abbastanza in me, adesso sono cambiata», ripeteva nei giorni scorsi la tennista emiliana. E ora “buona fortuna” per Wimbledon.