La stagione della Ferrari e i suoi sogni di gloria, sbandierati per mesi a fine 2012, si sono infranti di fronte alla strapotenza Red Bull-Vettel, ma anche a una serie di errori e di mancati progressi tecnici che hanno fatto sprofondare nella frustrazione tutto il team di Maranello. E se in esperienze analoghe del passato proprio i vertici del Cavallino si spendevano per gettare acqua sul fuoco, invitando tutti a tener duro per provare a rimontare fino all’ultimo, stavolta è stato lo stesso Montezemolo a voltar pagina, congedando Massa e riaccogliendo il figliol prodigo Raikkonen, paragonato addirittura a un mito vivente come Niki Lauda.
Una sorta di resa, che serve a distrarre il popolo dei tifosi, profondamente deluso dalla condotta in pista delle Rosse in questa stagione, ma che non aiuta in vista del prossimo Gp in Corea. Una svolta dettata sicuramente dalle logiche di mercato, che potrebbe però lasciare qualche cicatrice nel team, a cominciare proprio da Fernando Alonso, che ora vede messa in discussione quella che finora era un’indiscussa leadership in scuderia. D’altronde le frizioni e i nervosismi del pilota spagnolo nei confronti dei vertici di Maranello sono usciti quest’anno allo scoperto con una cadenza quasi imbarazzante: capace quasi da solo di rimontare gli scorsi anni, tenendo testa allo strapotere meccanico e ingegneristico Red Bull, Alonso si aspettava che davvero il 2013 rappresentasse il salto di qualità decisivo per la scuderia, per colmare almeno in parte un gap che in certi momenti si era fatto imbarazzante.
Nulla di tutto questo: dopo la solita partenza balbettante e qualche segnale di ripresa, a Singapore è praticamente arrivata la resa definitiva, anche se già a Monza si era capito che una “remuntada” quest’anno sarebbe stata praticamente impossibile. Così la prima guida Ferrari, nel suo consueto tweet con i tifosi, ha certificato lo status quo: «Bisogna essere realisti, ormai non c’è più niente da fare per il titolo. Facciamo il massimo e miglioriamo la macchina a ogni gara. Ma non c’è paragone rispetto a quello che fanno gli avversari che meritano tutte queste vittorie. Ora come ora, solo la fortuna ci può aiutare: ma lo dovrebbe fare in Corea, Giappone, India e Abu Dhabi, visto che siamo un secondo più lenti…». Un’analisi lucida e coerente, ma anche uno sfogo che si trasforma in critica, dal momento che la scuderia neppure in questa stagione gli ha consentito di lottare alla pari con i suoi avversari. E ora la Ferrari, riprendendosi Raikkonen, intende giocare la carta delle due punte, che in scuderia non si vedeva da una vita, almeno dai tempi di Lauda e Regazzoni. Segno che la fiducia verso l’asturiano si è un po’ diluita e che in futuro certe gerarchie potrebbero anche cambiare.