Brutta storia, quella che si racconta dalle parti di Catania, dove è stato completamente decapitato il vertice del club rosso-azzurro, presidente Pulvirenti in testa, finito in manette con altri sei, anche se fino a prova contraria lui si dichiara innocente. Ma la Procura racconta altro e sono storie che fatalmente ritroviamo esattamente al capo opposto dello Stivale, quando fu la Procura di Cremona, a più ondate, a svelare il marcio che ormai ammorba il nostro calcio. Non solo partite vendute e comprate, non solo l’avidità di un mondo già privilegiato di sé, che vuole sempre di più.
C’è un non so che di malavitoso che ormai avvelena l’aria che si respira attorno ai rettangoli di gioco e non si salva nessuno perché, solo pochi mesi fa, ci è stato detto che si scommette su tutto e su tutti, dalla Serie A fino ai dilettanti, senza scrupoli. Poi, come sempre accade, arrivano le dichiarazioni di disgusto da parte dei vari componenti del carrozzone calcistico, dalla Federcalcio alle varie Leghe, fino a toccare il Coni. Un’ondata di indignazione generale, parole dure di condanna, promesse di stravolgere calendari e campionati da parte di giustizia sportiva e di quella ordinaria e poi, dopo qualche settimana, si ricomincia, come se nulla fosse accaduto. E visto che l’ultimo scandalo è avvenuto in Sicilia, è facile incontrare questi gattopardi, che davanti si stracciano le vesti per quanto accaduto, ma poi non muovono un dito per contribuire a cambiare le cose. Violenza e scommesse: un binomio mortale che sta portando il nostro movimento al collasso, senza che dall’alto il Hoverno o qualche specifica autorità abbia il coraggio ad esempio di fermare i campionati, come è accaduto in Grecia, o di prendere drastiche misure, come fece ai tempi l’Inghilterra contro gli hooligans. Da noi si strepita, ci si indigna, si riempiono i giornali di proclami e poi si torna ad adagiare comodamente la testa sotto la sabbia come il più navigato degli struzzi.
Se fossero confermate le accuse, a Catania raccontano di un vero e proprio infallibile sistema che si sarebbe “autoalimentato”, pagando da dieci a ventimila euro a ciascun giocatore corrotto per ognuna delle 5 partite sospette. Le somme sarebbero poi rientrate con la vincita delle scommesse sulle gare il cui risultato era stato già “sistemato” e sulle quali si puntava quindi a colpo sicuro. Un sistema di entrate e uscite che non faceva una grinza, una Spa del malaffare che nelle conversazioni telefoniche definiva “treni” i calciatori che si prestavano a vendere la partita. Ora che i treni di Catania sono deragliati, vedremo se servirà a far arrivare in orario quelli successivi o se bisognerà chiudere la stazione.