Dietro l’assegnazione a Tokyo dei Giochi del 2020, con relativa eliminazione dei competitor europei, da Madrid a Istanbul, si nasconde, per i nostri politici, quello che – possiamo già immaginare – sarà il tormentone dei prossimi mesi: rincorrere il sogno di una nuova Olimpiade italiana nel 2024, a 64 anni dalla meravigliosa avventura di Roma 1960.
Lo ha annunciato in pompa magna persino il premier Enrico Letta, distraendoci per un attimo dagli atavici problemi economici che da anni inchiodano il Belpaese e indicando un nome solo, quello di Roma. Subito però gli ha fatto da contraltare il governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni, che ritiene molto più meritevole Milano di una simile candidatura. In mezzo c’è il presidente del Coni Giovanni Malagò, una vita all’ombra del Cupolone, che si limita a dire: «Ora possiamo sognare…». Ma non va oltre, colto da una buona dose di scaramanzia.
Ora però, se mai dovessimo passare dalle battute ai fatti, occorrerà fare piazza pulita delle tante strumentalizzazioni: se è vero, come dice il nostro premier, che l’Italia dà il meglio di sé quando è alle prese con scadenze ben definite, è altrettanto vero che in questi anni il deficit di credibilità del nostro Paese nei confronti del mondo intero è andato vertiginosamente alle stelle. Per questo motivo, se davvero tutto il carrozzone politico-sportivo ha deciso di scendere in campo per questa nobile causa, il minimo che possiamo chiedergli è farlo con la massima serietà e autorevolezza.
Significa che da quasi subito, come prima cosa, dovremo scegliere la città su cui puntare. Le guerre di campanile sono pittoresche, ma ci lasceranno al palo. E se il sindaco di Milano Giuliano Pisapia sembra averlo capito, dichiarando che col collega romano Ignazio Marino si troverà un’intesa che potrebbe significare il via libera olimpico per la Capitale, nella polemica entra anche il governatore del Veneto Luca Zaia che, tra le due contendenti, preferirebbe addirittura un terzo incomodo, proponendo la candidatura di Venezia. Una babele di schermaglie più o meno strumentali che rischia di trasformare in falsa partenza il sogno italico a 5 cerchi.
Polemiche a parte, se vogliamo che la candidatura di Roma, la più forte indiscutibilmente, abbia qualche speranza, dobbiamo giocare di squadra e investire risorse importanti. Ci saranno dopo questo periodo di lacrime e sangue? Gli investitori privati si affiancheranno al pubblico? Una traccia di partenza c’è già: il dossier di Roma 2020 bocciato a suo tempo dal Cio prevedeva le gare in 42 impianti, ma solo nove erano da costruire ex novo, con una spesa complessiva attorno ai 10 miliardi di euro. Vedremo se avremo la forza di ripartire, tenendo sempre conto che il nostro competitor più temibile, non saranno gli altri Stati in lizza, ma, come spesso accade, proprio noi stessi.