«Le prime 6 gare del 2014 cruciali per decidere se smettere in MotoGp». La frase di Valentino Rossi è di quelle senza ritorno, che fanno rabbrividire i tifosi di mille battaglie, che lo seguono da quando ancora girava in kart sotto lo sguardo vigile del padre Graziano (che peraltro non crede a possibili colpi di spugna). Che il campione avesse problemi, che dopo il biennio Ducati avesse bisogno di un ritorno alla grande, solo parzialmente avvenuto in Yamaha, questo era pacifico. Ma nessun tifoso di The Doctor aveva mai considerato davvero che Vale potesse scrivere la parola fine, almeno per quanto riguarda la MotoGp (poi si sa, per altri ambiti il ragazzo è pieno di risorse…).
Il vero guaio forse non è neppure legato alla pista, ma alla psiche: Rossi è sempre stato abituato a sentirsi il numero uno e ora che il circo della MotoGp impazza per le evoluzioni del nuovo talento Marquez, che un po’ da tutti è già stato ribattezzato suo erede, potrebbe sentirsi improvvisamente inadeguato al nuovo ruolo di comprimario. Così come ha sempre pensato che non poteva essere il classico numero 2 al servizio del compagno Jorge Lorenzo. Non è nella sua natura, non si abituerebbe mai. Per questo si è dato ancora sei date del 2014, tanto per arrivare a quota 300 nei Gp disputati a ogni categoria nei vari Mondiali e poi deciderà: «A me piacerebbe continuare ancora un paio d’anni, ma solo se sono competitivo», ha sentenziato lui, che in fondo è il più severo tra i suoi critici. D’altronde capita spesso che i più grandi meditino il ritiro quando sono all’apice della loro parabola, proprio per infondere negli appassionati quella sorta di invincibilità che tocca solo i più grandi (a volte lo fa per circostanze tragiche, come avvenne per il Grande Torino).
Vale potrebbe tranquillamente continuare a vivacchiare tra il terzo e l’ottavo posto nei prossimi 3-4 anni, vivendo solo in riserva del suo talento purissimo. Ma non sarebbe lui, sarebbe un comodo ragioniere delle due ruote incapace di scaldare i cuori come ha sempre fatto il campione pesarese. Peraltro i numeri recenti restano impietosi: dopo il titolo 2009, negli ultimi quattro campionati, divisi equamente tra Yamaha e Ducati, ha infatti ottenuto appena tre vittorie.
Valentino ha anche parlato dell’addio con l’ex capotecnico Jeremy Burgess, facendo intendere che il rapporto fosse professionalmente sfibrato da molto tempo: «Spiegare troppi particolari di ciò che non andava potrebbe essere un problema, allora è meglio che si pensi che è stata una bizza del pilota». Burgess è poi stato sostituito da Silvano Galbusera, tecnico dotato di una lunga esperienza nel motor sport: tutti segnali che fanno capire come l’ombra lunga di un addio clamoroso, non è, non può essere un fulmine a ciel sereno, ma se così sarà, un passo ben meditato e figlio di un malessere che viene da lontano, ma che non potrà mai cancellare una straordinaria e inimitabile carriera.