L’idea è bellissima, covata da tempo dalla Federcalcio e ora messa in pratica grazie al piglio del nuovo responsabile del calcio per le scuole, Gianni Rivera. Il primo inarrivabile Pallone d’oro della storia italiana sta lavorando sodo anche a livello di base per far tornare il calcio un gioco e non l’ossessione che purtroppo è adesso. Soprattutto i bambini non devono sentire pressioni quando hanno un pallone tra i piedi, ma devono divertirsi senza essere condizionati da genitori-ultras, né dall’ossessione del risultato.
Come primo atto per allentare la tensione, la Federcalcio ha pensato a un provvedimento rivoluzionario: una partita di calcio senza arbitri, con i bambini che decidono autonomamente quale decisione prendere in caso di fallo o di eventuali rigori o fuorigioco. La regola verrà per ora applicata nella categoria pulcini (dagli 8 ai 10 anni), ma in futuro potrebbe essere estesa anche a quelli più grandi. In un intervento a La Stampa, Rivera spiega che «per avere un calcio dei “grandi” più responsabile, più educato e con meno tensioni in campo non ci sono alternative: bisogna cominciare a lavorare su quelli che saranno i giocatori, i tifosi e magari anche i giornalisti di domani». Per l’ex golden boy occorre quindi responsabilizzare questa nuova generazione in scarpette bullonate, insegnar loro regole e comportamenti (dentro, ma anche fuori dal campo), far capire quanto è ingrato il ruolo di un arbitro che in una frazione di secondo deve prendere decisioni importanti. Così da quest’anno i bambini in campo, nei campionati ufficiali Fgci, si arbitreranno da soli. Fermeranno le azioni, discuteranno, prendendo consapevolezza che certi atteggiamenti, scorrettezze, falli, simulazioni, devono essere banditi dal rettangolo di gioco e che certe furbate o ipocrisie vanno rigettate al mittente.
Rivera è felice: è il primo passo verso un ritorno al calcio che lui prediligeva, quello dettato dalla fantasia, dalla libertà di muoversi in campo, di non essere imprigionato dagli schemi, ma neppure da una feroce determinazione di raggiungere un risultato a tutti i costi. «Io i ragazzini – spiega Rivera – vorrei addirittura vederli correre dietro a un pallone in un campo senza linee. Liberi di trovare il ruolo e la collocazione più appropriati. Mi accontento, per ora, di abituarli ad autogestirsi le partite. Se i genitori li lasceranno fare, cresceranno più in fretta. Non solo come sportivi. Avremo persone migliori. E un calcio più bello». Non ci resta che attendere l’esperimento: critichiamo sempre il palazzo del calcio perché non sa adeguarsi alle nuove esigenze, non riesce a tamponare gli isterismi di un calcio sempre più ostaggio del business o dei veleni: questa iniziativa può finalmente essere una bella boccata d’aria pulita.