La 66ª edizione del Festival di Venezia batterà bandiera tricolore. Ben 22 i titoli italiani presenti nelle sezioni in gara e fuori gara, cinque più degli Stati Uniti, che con 17 pellicole rappresentano il secondo Paese con più film presentati. Una mostra troppo “locale”, dunque? Il direttore Marco Muller rispedisce le accuse al mittente, affermando, anzi, che «nel 2004 dissi che volevo fare la mostra per chi fa film, per chi li fa circolare, per chi li vede. Ebbene, credo che quella del 2009 sia la mostra che finalmente assolverà a tutti questi compiti». Impresa ardua, a cui si potrà dare risposta alla fine della rassegna (dal 2 al 12 settembre) e attraverso la quale si potrà tastare lo stato di salute del Festival più antico del mondo e, anche, del cinema in generale.
Ad aprire le danze sarà Giuseppe Tornatore, tornato finalmente alla regia dopo anni di silenzio con Baaria, kolossal in cui si racconta, filtrando i ricordi d’infanzia del regista siciliano, la storia dell’Italia di tutto il Novecento, pellicola che già si dice bellissima e che è attesa con molta trepidazione. Gli altri due film italiani in concorso saranno quello di Michele Placido, Il grande sogno, anche questo semi-autobiografico, in cui si racconta una data epocale della storia recente, il Sessantotto, e l’opera prima di Giuseppe Capotondi, La doppia ora, tentativo di noir all’italiana. Tra gli altri ventiquattro titoli in concorso, tutti in anteprima mondiale, si segnalano il documentario di Michael Moore Capitalism: A love Story, sulla recente crisi dell’economia americana, il remake del Cattivo tenente firmato dal tedesco Werner Herzog, la nuova pellicola del turco Fatik Akin e l’esordio alla regia dello stilista Tom Ford.
Le opere fuori concorso offriranno, invece, la solita vetrina di celebrità: si attendono George Clooney per The man who stare at goats e Matt Damon per The Informant di Steven Soderberg. Nelle sezioni collaterali, da segnalare la presenza di Abel Ferrara e di Oliver Stone con due documentari, Napoli Napoli Napoli e South of the border, e la pucciniana Bohème firmata sempre da Herzog, segno che l’attenzione del Festival è rivolta anche a linguaggi contaminati fra arti differenti.
Il Leone d’oro alla carriera andrà quest’anno a John Lassater, regista di Toy story e Toy Story 2, genio indiscusso della Pixar Animation, a cui consegnerà il premio George Lucas. Un ennesimo riconoscimento al cinema d’animazione, ormai completamente “sdoganato” dalla sua sudditanza rispetto al cinema maggiore, avendo assunto un suo statuto chiaro e riconosciuto nell’estetica cinematografica. Lassater proietterà i suoi film in 3D, la nuova frontiera che sembra voler raggiungere il cinema, e parlerà del suo lavoro con gli altri tecnici della Pixar.
Il Premio Bresson (riconoscimento assegnato ogni anno dall’Ente dello spettacolo a registi in grado di realizzare un cinema attento alle dinamiche spirituali), verrà invece assegnato a Walter Salles, regista brasiliano di Central do Brasil, e sarà consegnato da monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura.
Nessun filo rosso, a detta del direttore Muller, segna le tante pellicole del Festival: «Sono proprio le sfaccettature diverse della nostra realtà a rendere così diversi fra loro questi film». In un mondo globalizzato, ma sempre più attraversato da localismi esasperati, il cinema diventa lo specchio attraverso cui ricostruire il puzzle di pezzi della nostra realtà, alla ricerca di temi, problemi, speranze, aspirazioni comuni. Un mezzo capace di mettere in comunicazione le realtà più disparate e di aprire le porte al dialogo. La 66ª edizione del Festival di Venezia batterà bandiera tricolore. Ben 22 i titoli italiani presenti nelle sezioni in gara e fuori gara, cinque più degli Stati Uniti, che con 17 pellicole rappresentano il secondo Paese con più film presentati. Una mostra troppo “locale”, dunque? Il direttore Marco Muller rispedisce le accuse al mittente, affermando, anzi, che «nel 2004 dissi che volevo fare la mostra per chi fa film, per chi li fa circolare, per chi li vede. Ebbene, credo che quella del 2009 sia la mostra che finalmente assolverà a tutti questi compiti». Impresa ardua, a cui si potrà dare risposta alla fine della rassegna (dal 2 al 12 settembre) e attraverso la quale si potrà tastare lo stato di salute del Festival più antico del mondo e, anche, del cinema in generale.Ad aprire le danze sarà Giuseppe Tornatore, tornato finalmente alla regia dopo anni di silenzio con Baaria, kolossal in cui si racconta, filtrando i ricordi d’infanzia del regista siciliano, la storia dell’Italia di tutto il Novecento, pellicola che già si dice bellissima e che è attesa con molta trepidazione. Gli altri due film italiani in concorso saranno quello di Michele Placido, Il grande sogno, anche questo semi-autobiografico, in cui si racconta una data epocale della storia recente, il Sessantotto, e l’opera prima di Giuseppe Capotondi, La doppia ora, tentativo di noir all’italiana. Tra gli altri ventiquattro titoli in concorso, tutti in anteprima mondiale, si segnalano il documentario di Michael Moore Capitalism: A love Story, sulla recente crisi dell’economia americana, il remake del Cattivo tenente firmato dal tedesco Werner Herzog, la nuova pellicola del turco Fatik Akin e l’esordio alla regia dello stilista Tom Ford.Le opere fuori concorso offriranno, invece, la solita vetrina di celebrità: si attendono George Clooney per The man who stare at goats e Matt Damon per The Informant di Steven Soderberg. Nelle sezioni collaterali, da segnalare la presenza di Abel Ferrara e di Oliver Stone con due documentari, Napoli Napoli Napoli e South of the border, e la pucciniana Bohème firmata sempre da Herzog, segno che l’attenzione del Festival è rivolta anche a linguaggi contaminati fra arti differenti.Il Leone d’oro alla carriera andrà quest’anno a John Lassater, regista di Toy story e Toy Story 2, genio indiscusso della Pixar Animation, a cui consegnerà il premio George Lucas. Un ennesimo riconoscimento al cinema d’animazione, ormai completamente “sdoganato” dalla sua sudditanza rispetto al cinema maggiore, avendo assunto un suo statuto chiaro e riconosciuto nell’estetica cinematografica. Lassater proietterà i suoi film in 3D, la nuova frontiera che sembra voler raggiungere il cinema, e parlerà del suo lavoro con gli altri tecnici della Pixar.Il Premio Bresson (riconoscimento assegnato ogni anno dall’Ente dello spettacolo a registi in grado di realizzare un cinema attento alle dinamiche spirituali), verrà invece assegnato a Walter Salles, regista brasiliano di Central do Brasil, e sarà consegnato da monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura.Nessun filo rosso, a detta del direttore Muller, segna le tante pellicole del Festival: «Sono proprio le sfaccettature diverse della nostra realtà a rendere così diversi fra loro questi film». In un mondo globalizzato, ma sempre più attraversato da localismi esasperati, il cinema diventa lo specchio attraverso cui ricostruire il puzzle di pezzi della nostra realtà, alla ricerca di temi, problemi, speranze, aspirazioni comuni. Un mezzo capace di mettere in comunicazione le realtà più disparate e di aprire le porte al dialogo.
2-12 settembre
Venezia, un puzzle senza filo rosso
Film diversi tra loro al 66° Festival del Cinema
Paola DALLA TORRE Redazione
1 Settembre 2009