Servizio, lavoro in rete, pianificazione, professionalità: ecco il metodo della comunicazione diocesana. È stato ribadito a Caravaggio, lo scorso fine settimana, in un incontro di formazione per 40 tra giornalisti e responsabili delle comunicazioni sociali delle diocesi lombarde. Venerdì 19 e sabato 20 novembre gli uffici comunicazione delle Diocesi di Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova, Vigevano, Cremona e Pavia hanno partecipato a due giorni di confronto e aggiornamento. Un appuntamento importante perché rafforza il lavoro in rete e lo sforzo congiunto messo in campo dalle diocesi in un settore fondamentale e delicato come quello della comunicazione nella Chiesa.
«Testimoniare il Vangelo e l’esperienza cristiana, annunciare la misericordia e la speranza di Dio all’uomo di oggi sono operazioni di comunicazione, è la grande e complessiva missione della Chiesa. Sono gesti, iniziative, opere da porre con serietà, responsabilità e professionalità, stile adeguato», ha spiegato nella sua introduzione don Davide Milani, incaricato regionale per la comunicazione delle diocesi di Lombardia.
Per il quarto anno consecutivo i direttori degli Uffici comunicazione lombardi hanno scelto di lavorare in rete. Così le esperienze attivate in una diocesi sono diventate modello e punto di riferimento per un’altra: è il caso, ad esempio, della Lettera pastorale comunicata dalla Diocesi di Brescia con film, spettacoli teatrali, conferenze, mostre, pubblicazioni, manifesti.
Quali linguaggi e mezzi sia meglio usare per far arrivare il messaggio della Chiesa in modo più diffuso, capillare ed efficace sul territorio è stato l’interrogativo che ha guidato la due giorni. «Sicuramente non improvvisando, ma programmando in modo preciso e condiviso la comunicazione: le azioni, le persone a cui vogliamo arrivare, i mezzi, i tempi e persino il budget necessario», ha spiegato Paolo Garavaglia, direttore della comunicazione dell’Istituto Toniolo. Nell’intervento centrale dell’appuntamento di Caravaggio, dedicato proprio alla programmazione della comunicazione, Garavaglia ha presentato lo strumento che deve essere alla base di ogni iniziativa comunicativa: il Piano di comunicazione. Garavaglia ha evidenziato la necessità di porsi domande strategiche – e trovare le giuste risposte – prima di intraprendere qualunque azione. È indispensabile, ha spiegato, avere chiari gli obiettivi della campagna di comunicazione, in modo che siano semplici e riassumibili in poche parole. È importante capire quale budget si ha a disposizione (ricordando che il tempo di eventuali volontari è una risorsa che conta, eccome). È necessario dare coerenza all’iniziativa, pensando stili, loghi, colori, formati omogenei che rimangono nel tempo identificando il contenuto anche al primo colpo d’occhio. È ugualmente indispensabile, al termine del periodo designato per la campagna di comunicazione, valutare con lucidità la sua efficacia.
L’incontro di Caravaggio ha ribadito una volta di più che la comunicazione non può essere affidata alla semplice buona volontà: sono necessarie competenze, formazione e applicazione. Per questo sono intervenuti nella discussione anche altri due professionisti: Stefano Storti (fondatore e amministratore delegato del gruppo Y2K) e Biagio Longo (direttore relazioni esterne di A2A). Il primo ha riflettuto sul tema «Impariamo a domandare: fare domande giuste per ottenere risposte efficaci», con una relazione che partita dal Vangelo è giunta fino alla multimedialità e alle nuove tecnologie. Il secondo ha raccontato il caso aziendale di A2A nel suo radicamento con il territorio che vuol essere di più del semplice rapporto "da bolletta" del cliente con la sua azienda fornitrice di energia. Tanto da essersi trovati a ripopolare alcune aree del fiume Adda con trote più resistenti, essendo le precedenti fuggite a causa degli impianti idroelettrici dell’azienda. Tutto – pare voler dire Longo – è comunicazione: anche il benessere dei pescatori dell’alto Adda. Servizio, lavoro in rete, pianificazione, professionalità: ecco il metodo della comunicazione diocesana. È stato ribadito a Caravaggio, lo scorso fine settimana, in un incontro di formazione per 40 tra giornalisti e responsabili delle comunicazioni sociali delle diocesi lombarde. Venerdì 19 e sabato 20 novembre gli uffici comunicazione delle Diocesi di Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova, Vigevano, Cremona e Pavia hanno partecipato a due giorni di confronto e aggiornamento. Un appuntamento importante perché rafforza il lavoro in rete e lo sforzo congiunto messo in campo dalle diocesi in un settore fondamentale e delicato come quello della comunicazione nella Chiesa.«Testimoniare il Vangelo e l’esperienza cristiana, annunciare la misericordia e la speranza di Dio all’uomo di oggi sono operazioni di comunicazione, è la grande e complessiva missione della Chiesa. Sono gesti, iniziative, opere da porre con serietà, responsabilità e professionalità, stile adeguato», ha spiegato nella sua introduzione don Davide Milani, incaricato regionale per la comunicazione delle diocesi di Lombardia.Per il quarto anno consecutivo i direttori degli Uffici comunicazione lombardi hanno scelto di lavorare in rete. Così le esperienze attivate in una diocesi sono diventate modello e punto di riferimento per un’altra: è il caso, ad esempio, della Lettera pastorale comunicata dalla Diocesi di Brescia con film, spettacoli teatrali, conferenze, mostre, pubblicazioni, manifesti.Quali linguaggi e mezzi sia meglio usare per far arrivare il messaggio della Chiesa in modo più diffuso, capillare ed efficace sul territorio è stato l’interrogativo che ha guidato la due giorni. «Sicuramente non improvvisando, ma programmando in modo preciso e condiviso la comunicazione: le azioni, le persone a cui vogliamo arrivare, i mezzi, i tempi e persino il budget necessario», ha spiegato Paolo Garavaglia, direttore della comunicazione dell’Istituto Toniolo. Nell’intervento centrale dell’appuntamento di Caravaggio, dedicato proprio alla programmazione della comunicazione, Garavaglia ha presentato lo strumento che deve essere alla base di ogni iniziativa comunicativa: il Piano di comunicazione. Garavaglia ha evidenziato la necessità di porsi domande strategiche – e trovare le giuste risposte – prima di intraprendere qualunque azione. È indispensabile, ha spiegato, avere chiari gli obiettivi della campagna di comunicazione, in modo che siano semplici e riassumibili in poche parole. È importante capire quale budget si ha a disposizione (ricordando che il tempo di eventuali volontari è una risorsa che conta, eccome). È necessario dare coerenza all’iniziativa, pensando stili, loghi, colori, formati omogenei che rimangono nel tempo identificando il contenuto anche al primo colpo d’occhio. È ugualmente indispensabile, al termine del periodo designato per la campagna di comunicazione, valutare con lucidità la sua efficacia.L’incontro di Caravaggio ha ribadito una volta di più che la comunicazione non può essere affidata alla semplice buona volontà: sono necessarie competenze, formazione e applicazione. Per questo sono intervenuti nella discussione anche altri due professionisti: Stefano Storti (fondatore e amministratore delegato del gruppo Y2K) e Biagio Longo (direttore relazioni esterne di A2A). Il primo ha riflettuto sul tema «Impariamo a domandare: fare domande giuste per ottenere risposte efficaci», con una relazione che partita dal Vangelo è giunta fino alla multimedialità e alle nuove tecnologie. Il secondo ha raccontato il caso aziendale di A2A nel suo radicamento con il territorio che vuol essere di più del semplice rapporto "da bolletta" del cliente con la sua azienda fornitrice di energia. Tanto da essersi trovati a ripopolare alcune aree del fiume Adda con trote più resistenti, essendo le precedenti fuggite a causa degli impianti idroelettrici dell’azienda. Tutto – pare voler dire Longo – è comunicazione: anche il benessere dei pescatori dell’alto Adda.