Ha studiato in seminario, poi, risalendo la Penisola da Barletta ad Aosta, ha fatto l’aiuto-cuoco, il babysitter, l’educatore di sostegno per bambini autistici, e oggi segue adolescenti che hanno disturbi comportamentali presso il reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale Niguarda: adolescenti italiani, per lo più. Lui, invece, è rumeno, della città di Bacau: si chiama Ioan Ciprian Farcas. E mentre racconta di sè e delle sue esperienze, in chi l’ascolta tornano in mente le parole che qualche giorno fa il cardinal Tettamanzi ha rivolto ai giornalisti, in occasione dell’incontro di san Francesco di Sales: «Diamo ascolto agli immigrati e lasciamo che siano loro stessi a parlare».
Perchè Ioan, nato nel 1980, da undici anni in Italia, ne ha già molte di cose da dire. Soprattutto sulla questione degli stranieri e degli immigrati, con una lucidità e una capacità di analisi davvero non comune. Da dire e da scrivere. Farcas, infatti, è il vincitore della passata edizione del concorso di narrativa “Immicreando”, organizzato dalla diocesi di Milano e dalla Fondazione Ismu .
Tra le mani tiene un fascio di giornali. Gli piace essere aggiornato, capire cosa succede nel nostro, nel suo, Paese. Ma quando gli chiediamo cosa ne pensa dell’informazione che i media italiani danno a proposito degli stranieri, sorride amaro. «Credo ci sia un’arretratezza comunicativa spaventosa», afferma secco. «Guardando buona parte della stampa e della tv, infatti, si ha l’impressione che le persone non vengano giudicate per quello che sono e che fanno, ma per il gruppo o la nazione a cui appartengono. Si parla così, genericamente, di “albanesi”, di “rumeni”, di “marocchini”, come se fossero tutti rapinatori di ville, ladri o terroristi. Ma la cosa vale anche per gli italiani stessi: basta vedere come, ad esempio, in questi giorni ci si riferisce ai “napoletani”, a proposito dei rifiuti. Tutto ciò, evidentemente, può solo nuocere a un vero processo di integrazione…». «Ancora oggi – ci spiega Ioan, divertito – mi capita di parlare con delle persone che, quando scoprono che sono rumeno, mi dicono, sorprese: “Ma tu non sei come gli altri!”».
Il tema di quest’anno del concorso Immicreando è sulla lingua: quella d’origine, quella nuova italiana. «E’ una questione fondamentale», precisa con passione il giovane. « Gli immigrati stranieri devono essere messi in grado di imparare il meglio possibile la lingua del Paese in cui si trovano. Solo così, infatti, possono partecipare veramente alla vita sociale, esprimendo i loro pensieri, i loro problemi, le loro aspettative. Altrimenti il rischio è la solitudine o, peggio, la ghettizzazione. Di questo ho scritto anche al ministro degli Interni Amato, dopo alcuni fatti di cronaca che avevano come protagonisti degli stranieri». «E ha risposto?». «No, ma quella “riflessione” è stata comunque utile per chiarirmi le idee…».