Cambio della guardia alla Fondazione Ente dello Spettacolo. Dal 21 giugno, infatti, don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, è al timone della Fondazione. Subentra a monsignor Dario Edoardo Viganò, da gennaio direttore del Centro televisivo vaticano. La Fondazione, che opera dal 1946 nel mondo della cultura, è una realtà articolata e multimediale, impegnata nella diffusione, promozione e valorizzazione della cultura cinematografica in Italia. A pochi giorni dalla nomina il nuovo presidente racconta le sue prime sensazioni.
Don Maffeis, quali sentimenti ed emozioni per questo nuovo incarico?
Entro in punta di piedi su un set animato dal contributo di molti. Da ultima comparsa, raccolgo con gratitudine quanto altri hanno costruito lungo una storia pressoché secolare.
Si tratta di “una nuova sfida”, dunque, molto entusiasmante…
Sono cresciuto ai piedi delle Dolomiti: ogni via – dal sentiero alla parete – ripaga con moneta generosa lo scatto dell’alzata mattutina, la pazienza dell’avvicinamento, la fatica della salita. Insegna a caricarsi solo dell’essenziale, evitando l’ingombro di ambizioni e invidie, di tristezze e gelosie; restituisce il senso della misura, la verità di ciò che sei, la tua piccolezza; ti riveste di uno sguardo umile, forse anche più buono. Impari che sei ospite, non padrone.
Immagina già prospettive future per la Fondazione?
Nel primo periodo vorrei conoscerne il passato, le radici. Ente dello Spettacolo significa presenza qualificata nel mondo del cinema, attività culturale ed editoriale, eventi, mostre, partecipazione a iniziative di ampio respiro… Prima ancora, l’Ente rimanda alle persone che vi lavorano e alle molteplici relazioni intessute nel tempo: dal confronto emergeranno indicazioni per l’attività futura.
E il territorio, con la sua ricchezza culturale?
Dal 2010 sono nel servizio della segreteria generale della Conferenza episcopale italiana: il mio ambito – quello delle comunicazioni sociali – come quelli assicurati dai diversi Uffici, rafforzano nella convinzione di come le buone idee per camminare abbiano bisogno di buone gambe. Senza dimenticare che chi è sul territorio, proprio perché vive sulla propria pelle le situazioni quotidiane, intuisce meglio esigenze e possibilità.
Da qualche anno ormai la crisi sta investendo anche l’industria cinematografica…
Il contesto economico obbliga le nostre famiglie a contenere i consumi, a partire da quelli destinati all’intrattenimento: gli incassi delle sale scendono, l’industria del cinema soffre il regresso dei ricavi, le aziende che non si rinnovano, investendo sulla digitalizzazione, si pongono fuori mercato: il 2013 segnerà l’abbandono della pellicola. A fronte di tutto questo, proprio il Rapporto presentato la scorsa settimana dalla Fondazione Ente dello Spettacolo documenta che il cinema italiano nel 2012 ha realizzato ben 166 nuove opere, grazie a una raccolta di capitali molto consistente, frutto per lo più d’investimenti privati, oltre che dell’introduzione dell’agevolazione fiscale.
Ci sono poi gli input che giungono dalle nuove tecnologie già pienamente utilizzate dalla Fondazione, attraverso le sue iniziative e pubblicazioni…
Il portale www.cinematografo.it conosce una media di due milioni di accessi al mese: con i servizi che offre – programmazione delle sale, trailer, recensioni, rassegna stampa, archivio digitale – è punto di riferimento; complementari vi sono anche www.tertiomillenniofilmfest.org, legato al Festival del cinema spirituale, www.entedellospettacolo.org, il sito istituzionale che rappresenta una sorta di contenitore delle iniziative della Fondazione, e www.cineconomy.com, che offre una visione organica del mercato e dell’industria del cinema in Italia. L’Ente sta quindi lavorando al miglioramento del posizionamento sui motori di ricerca, nonché nell’ambiente dei social network.
Cosa si augura per il suo “nuovo lavoro”?
Mi piacerebbe contribuire ad abitare la piazza del nostro tempo con una presenza che, da una parte, riconosca e promuova le professionalità del mondo del cinema, dall’altra, investa per la promozione di quello che la Chiesa italiana chiama “progetto culturale”. Attorno a quest’orizzonte c’è lo spazio per ritrovare spirito di collaborazione e unità di proposta, che ci aiutino a superare, anche all’interno del contesto ecclesiale, la logica dell’ognuno per sé.