Almanacco liturgico Il Santo del giorno Il Vangelo di oggi Agenda dell'Arcivescovo
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Giovedì della Settimana Autentica

1 Aprile 2021

Arriviamo dunque al cuore del mistero pasquale con il Triduo Santo, tre giorni che sono da sempre il centro e il «roveto ardente» della nostra fede. Oggi in particolare, attraverso il mistero eucaristico, siamo invitati a sedere a mensa con Gesù, a essere tra coloro che ricevono il dono che il Signore Gesù fa di se stesso, il suo corpo e il suo sangue, nella memoria di quell’ultima cena. Non si tratta però di ricordare un evento del passato, poiché
qui e ora il Signore si dona a noi, si fa cibo per la nostra vita. Oggi e in ogni celebrazione eucaristica non siamo e non potremo mai essere spettatori, ma sempre e comunque protagonisti e destinatari di quel dono, del pane e del vino che sono la sua persona. Ma se siamo noi i protagonisti, se nei nomi dei Dodici dobbiamo riconoscere i nostri nomi, allora quel dramma è il nostro dramma: lì ci sono i nostri tradimenti, nel tradimento dell’apostolo Giuda; lì ci sono i nostri rinnegamenti, nel rinnegamento dell’apostolo Pietro; lì ci sono le nostre fughe, nella fuga di tutti gli altri: E tutti, abbandonatolo, fuggirono. Nei gesti e nelle parole che il Signore ha pronunciato quella sera, e che l’apostolo Paolo ci ricorda nella Prima lettera ai Corinzi, si anticipa quello che di lì a poco accadrà sul Calvario: non solo l’esecuzione di
una condanna a morte, ma il dono di sé, per noi e per tutti. È il passo decisivo che il Signore compie, ma – ci ricorda l’evangelista Matteo – si gioca nella lotta e nell’angoscia: compiere la volontà del Padre non è scontato neppure per il Signore Gesù: Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! Così Gesù accetta di bere il calice della sua passione, accetta di entrare nella volontà del Padre, lottando con l’angoscia e la tristezza. Tutti noi, nei momenti difficili e drammatici della nostra vita, siamo tentati di fuggire, per questo possiamo sentire la vicinanza del Signore: lui ci può capire e accogliere perché ha sperimentato la nostra fragilità umana, indicandoci però anche la via d’uscita: l’abbandono nelle mani del Padre.