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Normativa

Il Trattato Acta bocciato dal Parlamento europeo

È il testo che mira a contrastare contraffazioni e atti di pirateria, anche via web

dell’avvocato Alberto POJAGHI Unione Giuristi Cattolici Italiani

19 Novembre 2012

Il 1° ottobre 2011 otto Stati (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore e Usa) hanno firmato il trattato Acta, che il successivo 26 gennaio 2012 è stato sottoscritto anche dall’Ue e da 22 dei suoi Membri (esclusi Cipro, Estonia, Germania, Paesi Bassi e Slovacchia).

Tale trattato (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno della contraffazione e della pirateria, soprattutto quella che avviene su internet, su vasta scala e a scopi commerciali. Dai consideranda dell’accordo emerge come l’intenzione sia appunto quella di «fornire strumenti efficaci e adeguati di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale che completino l’accordo Trips, tenendo conto delle diversità nei rispettivi sistemi giuridici e procedure delle parti», con la finalità di combattere la produzione e la distribuzione di merci contraffatte e tutelare così le imprese e i titolari dei diritti d’autore, oggi più che mai colpiti dall’avvento delle innovazioni telematiche.

Secondo tale accordo, le parti contraenti dovranno garantire che al proprio interno siano previste procedure esecutive atte a consentire azioni efficaci contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (art. 6).

I titolari di diritti violati potranno ricorrere, a propria tutela, a procedure giudiziarie civili; e le autorità giudiziarie avranno la facoltà di emanare provvedimenti che impongano a una parte di desistere dalla violazione di un diritto o impedire a un terzo di introdurre nei circuiti commerciali merci oggetto di violazioni (art 8), determinare il risarcimento del danno (art. 9), adottare altri rimedi quali la distruzione delle merci contraffatte (art. 10), ottenere informazioni sulle violazioni (art. 11) e ordinare misure provvisorie immediate ed efficaci (art. 12).

Gli Stati firmatari, inoltre, dovranno prevedere sanzioni penali da applicare «almeno nei casi di contraffazione deliberata dei marchi e di usurpazione del diritto d’autore e dei diritti connessi su scala commerciale», precisandosi che «tra le attività svolte su scala commerciale rientrano quantomeno quelle effettuate come attività commerciali con l’intento di ottenere vantaggi economici o commerciali diretti o indiretti» (art. 23).

Il trattato si occupa poi delle misure alla frontiera.

Ancora, l’art. 27 e ss. applicano in maniera specifica le anzidette misure civili e penali a tutte le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale nell’ambiente digitale; precisandosi che le autorità giudiziarie avranno «la facoltà di ordinare ai fornitori di servizi on line di comunicare rapidamente a un titolare di diritti informazioni sufficienti per identificare l’autore di una presunta violazione, purché tale titolare di diritti abbia già presentato una denuncia… di violazione di un marchio, di diritti d’autore o di diritti simili…» (art 27, co. 4).

Viene infine prevista l’istituzione di un apposito Comitato con funzioni di controllo.

Nel mese di luglio scorso il Parlamento europeo di Strasburgo si è occupato del trattato Acta, respingendolo e dando spunto a una serie di polemiche.

Riguardo alle disposizioni che ne formano oggetto, da un lato si è osservato che esse sono sostanzialmente già in vigore in Italia e che il trattato aveva per il nostro Paese la sola funzione di armonizzazione delle norme già esistenti. (http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=News&IDNews=5833&idcan=6&nome=Il%20Parlamento%20europeo%20respinge%20il%20trattato%20ACTA)

Altri hanno invece espresso riserve, rimarcando il carattere innovativo, ancorché marginale, di alcune diposizioni, quali quelle sulla tutela penale, sulla posizione degli intermediari di rete (ISPs) e sulla misura del risarcimento del danno (cfr Alea acta est? di Vittorio De Vecchi Lajolo, in “Il Diritto industriale” 4 2012, p. 301 ss).

Sembra tuttavia innegabile che le polemiche sorte siano sintomatiche di uno scontro politico tra Parlamento e Commissione sulle competenze, cavalcato poi da Google e altri soggetti interessati a una deregulation globale in termini di tutela dei diritti.

La pubblica informazione sul punto non ha brillato per imparzialità e precisione; e si è dovuto leggere di un Parlamento che ha difeso i cittadini dalla censura. C’è chi invece si è distinto (cfr Corriere della Sera 5.7.2012 a firma di Edoardo Segantini) evidenziando le contraddizioni e l’assurdità della posizione del Parlamento.

Anche all’estero non sono mancate voci critiche, come Frankfurter Allgemeine Zeitung (http://www.faz.net/aktuell/politik/harte-bretter/harte-bretter-sieg-der-meute-11810096.htm), che ha parlato di «vittoria del branco», riferendo che questo si è scagliato contro Acta e ha vinto; che l’arroganza dei cyber-feticisti, questa comunità della rete idealizzata e santificata, ha voluto impedire che lo Stato garantisse qualcosa che soltanto lo Stato può garantire: il diritto; che il modo in cui il governo tedesco, il Parlamento tedesco e ora il Parlamento europeo si sono piegati davanti alla disinformazione e all’intimidazione di questa comunità è vergognoso; e che, come se non bastasse, questa azione contro il diritto e la legge viene celebrata come se fosse una nuova forma di democrazia, mentre chi ha fatto cadere l’Acta non può essere stata che una lobby senza scrupoli.

Il dibattito fra opposti partiti, di favorevoli o contrari al rigore nella protezione della proprietà intellettuale, ha radici lontane e si è tuttavia accentuato con l’avvento di internet.

Chi scrive peraltro aveva già avuto modo di denunciare (cfr La responsabilità civile di diritto d’autore per il trattamento dei dati in internet di Alberto Pojaghi, Iustitia 2010, 4, p. 403 ss, nel senso che «Conclusivamente, le nuove tecnologie e, sopratutto, internet, sembrano aver creato una “sconfinata prateria… dove tutto è permesso e niente può essere vietato, pena la scomunica mondiale del popolo del web”») la tendenza sempre più accentuata degli operatori ai più diversi livelli, compresa la Pubblica Amministrazione, di non dispiacere alla c.d. sconfinata prateria del web e di evitare l’assunzione delle necessarie misure di contrasto nei confronti del popolo della rete, al di là di ogni ragionevolezza!