Un riconoscimento non tanto alla persona, ma alla sua decennale battaglia in favore delle scuole paritarie. Così da più parti si è parlato dell’Ambrogino d’Oro conferito a suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante delle scuole Marcelline in Italia e membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI.
Ma la religiosa, pugliese di nascita, milanese di adozione, due lauree (Giurisprudenza ed Economia in Cattolica), che ancora non si è ripresa del tutto dall’emozione di questo inaspettato riconoscimento, ci tiene a precisare che la sua non è una battaglia per le paritarie, ma per la libertà educativa e per la scuola in generale. Una scuola che, nei sogni di suor Anna Monia, deve essere «un “ascensore sociale” che colmi i vuoti e le differenze di partenza, perché la scuola ti dà il coraggio di conoscere, come diceva Kant (“sapere aude”). E la conoscenza rende liberi da ogni costrizione, ideologica, politica, sociale e dagli stessi lacci del nostro pensiero limitato».
C’è un grande pregiudizio che, secondo suor Anna Monia, grava sulle paritarie: quello di essere le scuole dei ricchi «Forse non tutti ricordano che le scuole cattoliche sono sorte nel Sud Italia per salvare i ragazzi dalla dispersione scolastica e, più avanti, per sottrarre i picciotti alla mafia», fa presente la religiosa. Che aggiunge: «Ci sono sì, le grandi scuole dalle rette inarrivabili, che sono appannaggio dei ricchi. Ma quelle non hanno bisogno di essere salvate, perché ci sarà sempre chi potrà permettersele. Quelle che rischiano di chiudere, più che mai ora in epoca di Covid, sono le scuole paritarie delle periferie e del Sud Italia, quelle dalle rette che non superano i 4000 euro annui. Quelle che permettono anche alle famiglie modeste una libera scelta».
E come salvarle? Secondo suor Anna Monia non si scappa: «Bisogna concedere alle famiglie un portfolio da spendere nella scuola che preferiscono, come nella laicissima Francia. Dove questo avviene, la libera concorrenza fra le scuole innalza il livello qualitativo dell’istruzione per tutte, statali e paritarie». Questo a patto, però, che ai presidi delle statali sia lasciata l’autonomia di scegliere gli insegnanti, da appositi albi di abilitati, secondo curriculum: «Non è accettabile che i presidi non possano licenziare un insegnante che non è all’altezza del suo ruolo. E lo dico da nipote di una preside di scuola statale». E a patto che anche le paritarie attingano dallo stesso albo. In questo modo il sistema sarebbe davvero equo: «Statali e paritarie – conclude suor Monia – entrambe scuole pubbliche, sotto lo sguardo garante dello Stato».