17/10/2008
di Luca FRIGERIO
Oltre centocinquanta quadri, per un valore di almeno milleduecento zecchini d’oro. Non c’è dubbio: la collezione d’arte del cardinale Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano fra il 1743 e il 1783, era una delle più importanti del suo tempo. Dipinti per lo più di piccolo formato, raffiguranti paesaggi di intonazione arcadica o pittoresca, firmati da alcuni fra i più apprezzati pittori del secolo dei lumi e raccolti, come scrisse lo stesso prelato nel suo testamento, «nel decorso di molti anni e con diligenza grande e spesa».
Opere oggi conservate al Museo Diocesano di Milano e che saranno protagoniste di una bella mostra che resterà aperta fino al prossimo gennaio proprio nei Chiostri di Sant’Eustorgio, accanto a capolavori provenienti da musei di tutto il mondo, da Lorrain a Turner. A offrire un incantevole, inedito sguardo sulla natura e sulle sue diverse “contaminazioni” con le umane attività.
Pastore instancabile, Pozzobonelli, durante il suo lungo episcopato ambrosiano, si immerse in molteplici attività non solo a carattere ecclesiale, ma anche sociale e culturale. E quando finalmente riusciva a ritagliarsi una pausa, immaginiamo, eccolo appartarsi nelle stanze dell’arcivescovado a bearsi lo sguardo con le sue marine, le sue vedute, le sue “nature vive”, così attentamente raccolte. Momenti di evasione e di godimento estetico, certamente. Ma anche occasioni di meditazione spirituale, di riflessione sulla bellezza del Creato e della “piccolezza” umana di fronte alla magnificenza della natura. Proprio come quel suo illustre predecessore, del resto, il cardinale Federico Borromeo, anch’egli collezionista d’arte, di un’arte che glorifica le meraviglie del Creatore.
Senza contare che il cardinal Pozzobonelli, come altri uomini di Chiesa dell’epoca, fu uno dei protagonisti di quel movimento letterario e artistico noto con il nome di Arcadia, che si ispirava cioè al ritorno, in poesia come in pittura, di un linguaggio semplice e spontaneo, “naturale”, in polemica con il “cattivo gusto” e l’ampollosità del barocco. Vidalgo Pitiuseo era infatti l’onomatopeico pseudonimo con cui il vescovo milanese firmava le sue numerose composizioni poetiche, rintracciabili ancor oggi fra le carte dell’Ambrosiana (e in massima parte inedite). Esperienza, quella arcadica ambrosiana, che confluì poi nella celebre Accademia dei Trasformati, sempre con il cardinale in prima fila, accanto a personaggi come Giuseppe Parini e Pietro Verri (con quest’ultimo, tuttavia, i rapporti erano tutt’altro che amichevoli…).
Nella mostra al Museo Diocesano, curata da Eugenia Bianchi e Paolo Biscottini, troviamo così tutti gli artisti amati e collezionati dal Pozzobonelli (con diversi dei quali era in rapporto epistolare), insieme ad una schiera di pittori europei, spesso grandissimi, “specializzati” proprio in paesaggi e ambientazioni naturalistiche, come Canaletto, Ricci o Constable.
Ecco allora, tra i preferiti del vescovi, i forti contrasti e i lampi di luce dell’olandese Pieter Mulier, detto – e non poteva essere altrimenti – Cavalier Tempesta. Ecco i “capricci” bucolici e classicheggianti di Giovanni Paolo Panini. Ecco gli scorci “rovinisti” di Andrea Locatelli, con una natura che felicemente si riappropria dei propri spazi, ricoprendo le pur gloriose vestigia dell’antichità… Mondi di serena bellezza, di quiete paradisiaca, di una natura incontaminata dove ritrovare, anche solo immaginandolo, l’Eden perduto.
Lo sguardo sulla natura.
Luce e paesaggio da Lorrain a Turner,
dal 14 ottobre all’11 gennaio 2009
al Museo Diocesano a Milano
(corso di Porta Ticinese, 95).
Orari: da martedì a domenica, dalle 10 alle 18.
Catalogo Silvana Editoriale.
Info, tel. 02.89420019
www.museodiocesano.it