Un’unica grande attrattiva, la Deposizione del Pontormo, lì, all’ingresso, sulla destra entrando, protetta da una robusta cancellata e illuminata a gettone. Jacopo Carucci, detto Pontormo per il luogo di nascita nei pressi di Empoli, la dipinse tra il 1527 e il 1528. Lo smarrimento dei personaggi, i volti angosciati, gli occhi senza speranza stanno ad indicare il clima instabile dell’epoca, le lotte intestine a Firenze, l’invasione dell’Italia da parte di eserciti stranieri, la riforma luterana che spacca la Chiesa e l’Europa. Tutto in una pala d’altare.
I turisti che entrano nella chiesa fiorentina di Santa Felicita (non moltissimi per la verità) lo fanno quasi esclusivamente per questo capolavoro: una Deposizione senza croce, che per questo può essere letta anche in modo molto diverso. È un corpo che si lascia andare per essere accolto. È il Corpo di Cristo che si dona all’umanità: è l’Eucarestia.
Sono tante le opere che hanno bisogno di essere “rilette” per capire la reale natura dell’Umanesimo la cui arte è espressione del rapporto con l’Infinito.
«La fede – ha spiegato il cardinale Betori presentando le iniziative culturali per Firenze 2015 – non può rinunciare in ogni tempo a dirsi nelle forme dell’arte e l’arte non può fare a meno di pensarsi nei termini della trascendenza e del confronto con le religioni in quanto esperienze di cultura».
Il Convegno ecclesiale nazionale non potrà scindere la dimensione culturale da quella solidale. Non potrà ignorare che la fede si fa immagine di bellezza e allo stesso tempo vita di carità. Ma ciò non toglie che per il tema stesso che lo contraddistingue diventi un evento culturale, oltre che religioso ed ecclesiale, proprio di una Chiesa in uscita, che parla all’uomo di oggi raccontando del “Signore della storia” il cui riflesso è nei fatti storici come nelle più alte espressioni dell’arte.
L’esperienza vissuta del Fatto cristiano è all’origine della produzione artistica che ha reso Firenze città unica al mondo in quell’Umanesimo d’origine cristiana anticipato dal “signore dell’altissimo canto” (come Dante felicemente fu definito da Paolo VI), il poeta che più di ogni altro ha saputo raccontare il viaggio alla ricerca della verità e della fede.
A Firenze come in poche altre città è possibile trovare traccia dei passaggi storici che dall’antichità classica portano al terzo millennio. Una fitta serie di “documenti”, non solo cartacei, ma in marmo e bronzo, intonaco, legno e tela rendono visibili i processi evolutivi, la crescita spirituale e materiale della cultura occidentale. Le chiese e i conventi, gli affreschi e le statue testimoniano la fede nell’uomo-Dio, il passaggio dalla civiltà pagana a quella cristiana, la rivoluzione che ha capovolto i valori, i comportamenti e la vita delle persone negli ultimi due millenni.
Il dialogo tra arte e fede non si è mai interrotto, anche nei periodi più critici. Nella natura dell’arte è insita la dimensione sacra, l’apertura al mistero, l’anelito a una redenzione. Anche per questo l’Umanesimo fiorentino non è stato una voce che distacca dall’uomo o che pone l’uomo sopra Dio, ma un riscoprire l’uomo alla luce della fede.