Il cardinale Corti, il nostro don Renato, era uomo di molti interessi e attenzioni. Attento a tutto e desideroso, quasi ossessionato per raccogliere tutto, imparare sempre, considerare ogni parola, scriverla, archiviarla. Attento a tutto, ma sembrava indifferente a ciò che riguardava lui personalmente. Gli elogi e gli apprezzamenti davano l’impressione di scivolare sul suo sorriso distaccato e accondiscendente. Mi sono quindi convinto che non gli sarebbe gradito un panegirico. Credo che gradirebbe invece una condivisione, o almeno una sottolineatura di quello che gli stava a cuore, di ciò che più intensamente pensava, di quanto era per lui essenziale.
Che cosa dunque? Il Vangelo. Il Vangelo e la sua serietà. Il Vangelo e la sua verità perentoria, ardua, indiscutibile. Il Vangelo, annuncio prima che argomentazione, non però senza argomentazioni; parola fatta carne, prima che discorso, non però senza discorsi; vita, prima che pensiero, non però senza pensiero; dramma, prima che teologia, non però senza teologia. Vangelo ricevuto, prima che predicato; Vangelo pregato; Vangelo incarnato, in una carne scavata, segnata. Il Vangelo principio critico. Carica profetica. Ingresso nel mistero. Sempre come all’inizio. Inesauribile. Cerca ancora! Ascolta ancora! Non moltiplicazione di parole. Intensità dell’esperienza che la parola può alludere e che il silenzio rende feconda o piuttosto ardente. Chi sa se dicono di più le parole o le pause? Il Vangelo come un imperativo, piuttosto che un libro. Il Vangelo come responsabilità dei credenti nei confronti del mondo. L’ammirazione per Charles de Foucauld: piccolo fratello del Vangelo. L’intesa o piuttosto una sintonia profonda con il cardinale Carlo Maria Martini, che entra a Milano e porta in mano il Vangelo. Il ministero sotto il segno di un «guai»: guai a me se non evangelizzo. Il testamento per fare sintesi di una vita. «Veramente posso dire che, se vivo per il Vangelo, ancor prima vivo del Vangelo».
Il Vangelo nell’accezione paolina. Quindi come un messaggio essenziale, tagliente, esigente. La percezione drammatica della vicenda umana posta di fronte all’alternativa radicale: o la vita o la morte. Però mentre è offerta la vita è vinta la morte. L’imporsi della radicalità che non tollera ambiguità, tempi di inerzia, parole sprecate nelle chiacchiere. Insofferenza verso le scorie. Il Vangelo come la questione seria; non però lo stile serioso, bensì la letizia invincibile della verità buona. Il Vangelo che urge la decisione: non però nell’impazienza o nell’affanno di un imminente giudizio, ma nello slancio della adesione appassionata che non tollera ritardi. Il Vangelo nella semplicità del sì e del no: non però l’intolleranza incalzante, piuttosto la sollecitudine premurosa di chi sa il prezzo di una vita e vuole che nulla vada perduto. Il Vangelo come spada affilata: non ignora la complessità, ma la distingue dalla confusione; pratica la pazienza, ma non l’accondiscendenza; pone con chiarezza di fronte alle responsabilità non per pretendere qualche cosa, ma per far percepire la stima e l’attesa.
Il Vangelo come dono per tutti. Non proprietà della Chiesa, non materia riservata al clero, non patrimonio da conservare. Piuttosto lampada accesa per fare luce nella storia. Piuttosto fonte d’acqua viva perché la gente non muoia di sete. Quindi missione. Altri. Altrove. Ancora. Ancora. La vecchiaia non è una buona ragione per sottrarsi alla missione. La malattia non è una buona ragione per rinunciare alla predicazione. La fragilità non è una buona ragione per deporre il peso e negarsi a una occasione di Vangelo.
Il ministero del cardinale Corti a motivo delle responsabilità che ha assunto si è svolto in ambiti diversi, lo ha messo a contatto con molte persone, con relazioni qualificate, e qui si è messo in gioco secondo lo stile espresso nel suo motto: cor ad cor loquitur. Ma, se io dovessi riassumere la sua lunga ed esemplare dedizione, credo che basterebbe una parola: il Vangelo.