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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Esperienze

I volontari del Vispe accanto ai poveri e senza risparmiarsi la fatica

Laici presenti in modo semplice e concreto a sostegno dei progetti di sviluppo

di Giancarlo AIRAGHI

10 Maggio 2020

Diverse sono le esperienze dei laici missionari del Vispe che, soprattutto negli anni Novanta, si sono succeduti in Brasile in appoggio alla parrocchia di Arame in Maranhao.

Tanti sono stati i giovani e le famiglie che hanno voluto passare un tempo più o meno lungo in questa missione nel corso degli anni. L’intento è sempre stato quello di vivere in mezzo ai poveri e di tessere con loro relazioni buone, cercando poi anche il modo per migliorare insieme le loro condizioni di vita.

Una presenza quindi semplice e concreta quella dei laici ad Arame, che si è concretizzata in diversi progetti di sviluppo: le cantinas: piccoli spacci di beni di prima necessità, diffusi capillarmente nei vari villaggi della prefettura di Arame; la realizzazione di tanti pozzi e acquedotti, per permettere alla gente di avere accesso all’acqua potabile; interventi in ambito agricolo, lavori di falegnameria e meccanica; l’installazione di diverse pilatrici per il riso e molti aiuti in ambito sanitario. Tutto questo con lo stile del «vivere con», che oggi potrebbe essere ben associato al desiderio espresso da papa Francesco proprio all’inizio del suo pontificato: «Ah come vorrei una Chiesa povera, e per i poveri!».

Un’immagine può esprimere questo stile e questo tentativo impegnati a fianco dei poveri di Arame (nella foto): un volontario del Vispe è ritratto mentre sta venendo tirato fuori dal fondo di un pozzo in fase di realizzazione: è tutto bagnato di acqua e fango, sorride, la gente è intorno a lui, chi guarda, chi aiuta e lui è felice. Una scena che ben tratteggia lo stile di «immersione» nella vita della gente, la voglia di condivisione, di lavorare insieme, senza risparmiarsi la fatica e così, insieme, poter realizzare anche qualcosa a beneficio di tutti.

Gustave Thibon, il filosofo contadino, scriveva: «Molti credono di salire. In realtà evaporano nel vuoto. Si innalzano come bolle sdegnose e cangianti, non come alpinisti. L’alpinista sale con tutto il suo peso umano, con tutta la sua densità terrena. L’evaporato diserta il piano, ma il conquistatore di montagne ne conserva l’argilla ai piedi e il profumo nei polmoni. L’eroe e il disertore si confondono spesso agli occhi degli uomini. Ma tu li distinguerai da questo segno: nell’anima di colui che veramente ascende aumenta il rispetto, la compassione e l’amore per ciò che sta in basso».

Come sono vere queste parole. Il cammino di questi anni, a fianco dei missionari nel servizio ai poveri, è stato proprio un tentativo di «ascesa» sincero e appassionato da parte di tutti coloro che lo hanno vissuto, un tentativo, bello e autenticamente evangelico, di abbassarsi per primi, per amore di «ciò che sta in basso».

 

 

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