di monsignor Luigi STUCCHI e monsignor Paolo MARTINELLI
Vicari episcopali per la Vita consacrata
La XXIV Giornata mondiale della vita consacrata che si celebra domenica 2 febbraio in occasione della Festa della presentazione del Signore è un’occasione propizia per ricordare il senso di questa vocazione particolare nella Chiesa. In realtà non si tratta semplicemente di evidenziare la bellezza di questa forma di vita cristiana, caratterizzata dalla professione dei consigli evangelici, ma di ricordare il senso che essa possiede per tutta la Chiesa e per la società. Il nostro Arcivescovo ha ricordato nella sua Proposta pastorale di quest’anno che le persone consacrate sono «testimoni del Regno che viene». Questo vuol dire che il loro valore non sta in quello che fanno, ma in ciò che sono: segno della meta buona per cui Dio ha voluto la vita di ciascuno. Non c’è bisogno più grande nella società di oggi che indicare il senso ultimo dell’esistenza. Infatti il rischio più grande del nostro tempo è la sofferenza di una vita che non trova uno scopo.
Quando pensiamo alla vita consacrata nella diocesi ambrosiana vengono alla mente tanti carismi e tante forme diverse, come «un albero che si ramifica in modi mirabili e molteplici nel campo del Signore a partire da un germe seminato da Dio» (Lumen Gentium, 43). Le persone consacrate sono segno del regno di Dio che viene non in astratto, ma attraverso il loro modo di vivere, in castità, povertà e obbedienza, a imitazione dell’umanità di Gesù. La nostra Chiesa ambrosiana è abitata da migliaia di persone consacrate a Dio, appartenenti a istituti antichi e nuovi. Le troviamo nei monasteri e nei conventi, nelle parrocchie. Tanti lavorano nel mondo della scuola, negli ospedali, sono impegnati nelle opere di carità, in aiuto ai poveri e agli immigrati; animano centri culturali e di spiritualità, offrono scuole di preghiera. Esistono poi forme laicali di consacrazione: persone che vivono immerse nelle condizioni comuni, fianco a fianco di ogni uomo. Modi diversi, una pluriformità nell’unità, per offrire a tutti la testimonianza del primato di Dio, del suo regno che Cristo ha portato con il dono della sua persona. Una novità di questi anni è poi la crescente presenza di persone consacrate provenienti da altri Paesi, come profezia di quella «Chiesa dalle genti» che sta silenziosamente crescendo tra le nostre case.
In tutto ciò si vede la fantasia dello Spirito Santo che agisce nella Chiesa; la vita consacrata ha il compito di custodire e promuovere la dimensione carismatica della Chiesa, poiché «lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri», ma «distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui» (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento (Lumen Gentium 12).
Certo, non mancano le difficoltà (diminuzione delle vocazioni, ripensamento delle proprie opere, ridistribuzione nel territorio); anche la vita consacrata deve fare i conti con il “cambiamento di epoca”. Ma, come ci ha ricordato il nostro Arcivescovo, anche questa “situazione” è “occasione” favorevole per mostrare la potenza della grazia di Dio anche nella nostra debolezza. Nella vita rimane solo quello che cresce, in una “fedeltà creativa”. Infatti, il carisma della vita consacrata non è un «pezzo da museo» da conservare (papa Francesco), ma «vita secondo lo Spirito»; è provocazione a rispondere all’amore di Dio qui e ora; il Quale porta sempre a compimento quello che ha iniziato in ciascuno, fino al giorno di Cristo Gesù (Fil 1,6).