«Uno, centomila, nessuno: Volti, persone, storie»: questo il tema del convegno con il quale sabato 28 settembre Pax Christi e il “Comitato 3 ottobre Varese” sottolineeranno l’importanza della Giornata nazionale della memoria delle vittime dell’immigrazione. Monsignor Giovanni Giudici, vescovo emerito di Pavia e già presidente di Pax Christi Italia, ne spiega le motivazioni: «Oggi c’è una sorta di disattenzione rispetto al fatto che i migranti, per ragioni che si possono catalogare variamente, perdono la vita. Sembra che l’aspetto della vita perduta nel tentativo di giungere in Europa sia quasi una colpa. In questo contesto, è stato molto importante il discorso del Papa che, quando andò a deporre una corona nel punto del tragico naufragio di Lampedusa del 2013, disse che nessuno aveva pianto per i migranti scomparsi. Appunto il tema del piangere per la morte di una creatura umana, che si è avventurata nel mare per giungere a trovare forse una vita migliore, è un aspetto che ci sembrava importante richiamare, anche perché esiste la Giornata istituita dal Parlamento con la Legge n. 45 del 2016».
Indubbiamente il tema è divisivo: l’abbiamo visto nei mesi scorsi, lo vediamo e continueremo a vederlo. Affrontare la questione richiamando la perdita della vita da parte di tante persone, può essere un modo per ricondurre in termini più umani la questione complessiva dell’immigrazione?
Proprio per questo, il 28 settembre, terremo un momento di ricordo di questi aspetti drammatici. Sarà con noi l’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, che ci aiuterà a fare memoria di quel 2013 in cui il tema della morte si è presentato drammaticamente, con 230 persone finite in fondo al mare. In questo senso, la Giornata è stata preparata aggregando, a Varese, molti gruppi, persone, istituzioni – oltre alla Chiesa cattolica ricordo la Chiesa protestante – nel tentativo di far sì che questa riflessione tocchi tutti, arrivi il più lontano possibile, attraverso l’attenzione di realtà che già si muovono nella prospettiva dell’aiuto ai migranti.
L’anatomopatologa Cristina Cattaneo sta conducendo un lavoro per dare identità a chi è perito in mare, con tecniche come il riconoscimento del Dna. Cercare di lenire almeno il continuo dolore di chi non sa cosa sia accaduto a un figlio, a un padre, a un fratello, può essere un modo per chiedere perdono?
Credo che significhi essere leali nei confronti di una vita che si è perduta: leali come uomini e donne che riconoscono l’importanza che una persona morta in mare, ogni persona, abbia un nome. Pensiamo a quando venne casualmente scoperta, all’interno del vestiario di un ragazzino 14enne originario del Mali, la pagella con i suoi voti, molto buoni in francese e in altre materie. Pensiamo a questa mamma che ha cucito la pagellina del ragazzo perché, arrivando in Europa, potesse esibirla. Di fronte ai segni di quest’attenzione che altri hanno nei confronti dei loro cari, dobbiamo anche noi fare la nostra parte.
Il convegno è nazionale e nasce da una campagna altrettanto nazionale di Pax Christi, «Sulle soglie, senza frontiere». Lo scopo è sensibilizzare strati sempre più ampi della popolazione?
Naturalmente speriamo che tutto ciò abbia risonanza, nel resto del Paese, attraverso il Movimento. Vorremmo che questo fosse un primo passo da cui altre realtà di Pax Christi possano partire, promuovendo a loro volta scelte simili che richiamino la rilevanza di tale memoria e ne vedano la proiezione positiva. Infatti, nel pomeriggio della Giornata, parleremo di situazioni giuridiche e istituzionali in Italia e in Europa proprio perché riteniamo che sia importante impostare il discorso e farlo giungere anche a una maturazione legislativa.