Ez 1,1-2; Sal 10 (11); Gl 1,1.13-15; Mt 4,18-25
«Nell’anno trentesimo, nel quarto mese, il cinque del mese, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del fiume Chebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. La parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzì , nel paese dei Caldei, lungo il fiume Chebar.» (Ez 1,1.3)
Ezechiele appartiene a una famiglia sacerdotale. Sacerdote era il padre e non è escluso che lui stesso abbia esercitato il sacerdozio. Ezechiele è stato deportato dai Babilonesi nel 597 sulle rive del canale Chebar, un affluente dell’Eufrate. Qui gli viene affidato il compito di profeta tra i deportati. Il libro del profeta Ezechiele è caratterizzato da una serie di visioni e questa è la prima che avviene quando Ezechiele compie i trent’anni, che è l’età in cui un sacerdote poteva entrare nel santuario e poteva vedere la gloria di Dio. La stessa gloria Ezechiele la vede in esilio. Ciò che colpisce in questa citazione è proprio la specificazione del tempo in cui avviene la visione: tutti noi siamo chiamati nella nostra vita quotidiana a riconoscere un tempo in cui abbiamo colto la presenza particolare del Signore. Anche noi come i primi discepoli siamo chiamati a individuare quelle “quattro del pomeriggio” in cui il Signore ci ha detto «Vieni e vedi»; da qui è iniziato il nostro cammino di comunione con lui.
Preghiamo con il Salmo
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
(Salmo 27)