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Sirio 10 - 16 marzo 2025
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Milano

Quarto Oggiaro accoglie con un abbraccio le monache di clausura

Le sorelle dell’Adorazione del Santissimo Sacramento si trasferiscono dalla storica sede di via Bellotti in un quartiere spesso definito “difficile”. L'Arcivescovo: «Indicheranno un modello diverso in una città che ha bisogno di imparare a cantare»

di Annamaria BRACCINI

1 Marzo 2025

«Invochiamo che la grazia di Dio offra a questo quartiere qualche cosa che nessun altro può dare. La città ha bisogno di tanto impegno per il bene comune, di attenzione per affrontare sfide ed emergenze e la comunità cristiana si fa carico, a Quarto Oggiaro, di questa solidarietà. Ogni trasferimento non è un pellegrinaggio, è una missione, l’adempimento di una vocazione. Fate del bene a questo quartiere, qui occorrono donne che pregano: avete da dire qualcosa vivendo in una comunità per diventare tutti ancora di più comunità».

La celebrazione per l’ingresso

È una consegna sentita e affettuosa quella che l’Arcivescovo lascia alle monache dell’Adorazione del Santissimo Sacramento che iniziano la loro vita claustrale nel nuovo monastero ospitato nei locali restaurati della ex scuola Pastor Angelicus, in un quartiere da sempre definito “difficile” come Quarto Oggiaro. Ma il pomeriggio che solennizza l’ingresso delle religiose nella loro nuova casa racconta un’altra storia, fatta di un’accoglienza calda e sincera da parte di gente di ogni età, di un timido sole che si intravede tra i palazzoni, di tanto verde e tanta luce.

Agenzia Fotogramma

È, infatti, l’intera comunità pastorale Cenacolo che si stringe intorno alle nuove arrivate – 10 di cui 3 ultraottantenni – che provengono dallo storico monastero San Benedetto di via Bellotti, tanto noto a Milano da essere semplicemente definite «le suore di via Bellotti» e che ora – come nota ancora il vescovo Mario – saranno «le suore di via Cittadini» per l’ubicazione della nuova clausura che mantiene il suo nome di sempre, i cui locali vengono benedetti prima della processione aperta dai bambini dell’oratorio e della celebrazione intra Vesperas nella contigua parrocchia Sant’Agnese. Messa, che inizia con il Rito della Luce e che viene concelebrata da un ventina di sacerdoti, tra cui il vicario episcopale di Zona pastorale I-Milano monsignor Giuseppe Vegezzi, il vicario per la Vita Consacrata, monsignor Walter Magni, il decano don Andrea Meregalli e don Augusto Bonora, responsabile della Comunità pastorale.  

Un cantico di lode e di speranza

«Celebriamo con gratitudine l’inizio della presenza delle monache in questo quartiere. Anche se ogni trasloco è una fatica e non manca qualche traccia di tristezza per ciò che si lascia, tuttavia la benedizione di Dio è per quello che inizia», dice l’Arcivescovo, rivolgendosi alle centinaia di fedeli che gremiscono la chiesa, comprese, per l’occasione, le suore benedettine.   

«Che cosa fanno le monache adoratrici? Offrono servizi, sono un centro di produzione di cose utili? Si dedicano a distribuire viveri o vestiti o medicine? No». Servono, come Gesù, «a portare imbarazzo», suggerisce monsignor Delpini, cioè a indicare un modello diverso in una città che «ha bisogno di imparare a cantare».

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«La città che grida, la città che geme, la città che fa rumore, la città che insulta, protesta: qui c’è un luogo dove la città può esprimersi con un cantico di lode, di gratitudine, di stupore». Una città, insomma, che «ha bisogno di un cantico – quello del Salmo 45 appena proclamato nella liturgia della Parola -, di un cielo, di uno sguardo». 

«La città frenetica, confusa, arrabbiata, spaventata, la città povera e quella troppo ricca ha bisogno di distogliere lo sguardo dalle sue miserie e dalle sue ricchezze, dai suoi idoli e dai suoi peccati per riconoscere che c’è nella vita una vocazione alla speranza. La presenza di questo monastero ha questa missione di indicare il cielo e di alimentare il desiderio di quella vita felice, della vita eterna, che è solo di Dio e presso Dio».

Uno sguardo per la città cieca

E, poi, lo sguardo «che si apre alla luce, che riconosce la presenza, che contempla il mistero. La città cieca, quella che non vede i poveri, la città frettolosa che riduce le persone a sagome senza spessore, la città guardona che umilia la dignità dell’uomo e della donna e che si lascia ingannare dal lavoro infruttuoso di coloro che disegnano ombre, ha bisogno di uno sguardo limpido che sappia riconoscere in ogni persona un fratello, una sorella. Per imparare dal mistero dell’Eucaristia che ogni cosa è un segno, ogni situazione non è una coincidenza, ogni tempo è occasione di grazia».

Agenzia Fotogramma

Da qui la conclusione. «Cosa insegneranno le monache? Insegneranno a cantare le lodi del Signore, ad accogliere la vocazione alla speranza, a guardare con uno sguardo illuminato dallo Spirito di Dio».

«La nostra vita è per voi»

Un appello subito raccolto nelle parole di ringraziamento finale di don Bonora che parla di «provvidenza», per l’arrivo delle suore e, soprattutto, di un’emozionatissima madre Maristella dell’Annunciazione, priora del Monastero San Benedetto. «Grazie a chi ci conosce e a chi ancora no. Ci chiedono cosa facevate in via Bellotti e cosa farete in via Cittadini: vorremmo, più che fare, essere un piccolo segno di comunione fra noi nella clausura e con voi fratelli e sorelle nella fede. La nostra vita è per voi. E se qualcuno prega per noi, potremo vincere la battaglia della comunione, cuore pulsante della nostra vita che ora è anche vostra».

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Ormai è scesa la sera, quando, al termine della celebrazione con la gente che sembra non voler mai lasciare le Benedettine, e, poi, in oratorio, si fa festa conviviale tutti insieme.