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Sirio 10 - 16 marzo 2025
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Talk

«Immischiati»: l’impegno per il bene comune è per tutti

Ieri la tappa milanese del tour ideato da Gigi De Palo per promuovere al livello più ampio la Dottrina sociale della Chiesa: tema la sussidiarietà. L'intervento dell'Arcivescovo di Milano con Giorgio Vittadini, Chiara Giaccardi, Bruno Cerella, Nino Acampora, Cristina Riccardi e don Alberto Ravagnani

di Giacomo COZZAGLIO

26 Febbraio 2025

Come fare in modo che la sussidiarietà diventi una stella polare in grado di aiutarci ad affrontare le sfide del nostro vivere quotidiano?

È questa la domanda alla base del talk “Immischiati” tenutosi al Teatro Oscar di Milano, terzo appuntamento del progetto ideato da Gigi De Palo per riflettere sui pilastri fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa. Dopo le serate di Verona e Bologna dove si è discusso rispettivamente di “persona” e “bene comune”, la tappa milanese ha avuto come tema centrale proprio la “sussidiarietà”.

Un progetto che ha riscosso molto successo: inizialmente pensato per 500 persone, alla fine ha registrato più di 8mila iscrizioni.

Gigi De Palo

Tra gli ospiti presenti l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini, l’ex cestista e fondatore di Slums Dunk Bruno Cerella, il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini, la docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore Chiara Giaccardi, il fondatore di PizzAut Nico Acampora, la Vicepresidente Ai.Bi. Amici dei Bambini ETS Cristina Riccardi e il sacerdote influencer don Alberto Ravagnani.

«Spesso pensiamo che le istituzioni debbano essere al centro di tutto. In realtà al centro per prima c’è la persona umana. Poi vengono la famiglia, la società civile e solo dopo le istituzioni che dovrebbero creare le premesse perché queste realtà possano esprimersi senza impedimenti. E purtroppo questo spesso non accade», ha dichiarato De Palo aprendo il talk.

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Da questa constatazione, è nato il titolo del progetto. «“Immischiati” nasce da un’intuizione del Santo Padre: trovare un nome diverso per parlare della Dottrina Sociale della Chiesa – ha spiegato – Siamo infatti convinti che sia necessario fare un nuovo primo annuncio sulla partecipazione. Partecipare non è solo candidarsi in Comune, Regione o Parlamento. È mettersi in gioco per risolvere i problemi sotto casa, nel cortile vicino, nella scuola…».

Delpini: il mondo è un’orchestra

L’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini

Il primo ad intervenire è stato Monsignor Delpini, che ha accompagnato il pubblico in un viaggio di riflessione sulle orme del Piccolo principe.

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«Ho intrapreso il mio viaggio, come il Piccolo principe, profittando di una migrazione di uccelli e ho visitato, pieno di stupore e desideroso di imparare, i pianeti che si aggirano nell’universo infinito» è l’immagine evocata dall’Arcivescovo.

Nel primo pianeta tutto è rosso: terra, alberi, uomini e donne. Qui il semplice desiderare un colore differente è visto come un atto sovversivo e chi viene sorpreso è subito denunciato e imprigionato.

Il secondo pianeta è invece coperto da una folta giungla dove vige la libertà assoluta. Tuttavia la felicità che si respira è solo apparente perché in realtà a regnare è la legge del più forte e i deboli vengono divorati dai grandi predatori.

Il terzo pianeta è completamente grigio perché i suoi abitanti hanno perso ogni interesse per gli altri e la vita vera, rinchiudendosi in un mondo fatto solo di macchine, bilanci ed egoismo.

Solo sul pianeta della musica è possibile vivere nella completezza dei legami umani: non ci sono rumori privi di significato, ma melodie sotto la guida di un direttore d’orchestra e di tutti gli abitanti. E per Monsignor Delpini è proprio quest’ultimo mondo a rappresentare davvero la sussidiarietà.

«Ciascuno suona il suo strumento: ne viene un’armonia, talora lenta e talora frenetica e ti viene voglia di danzare – ha affermato – Tutti sono necessari e si sentono fieri di contribuire: chi non canta suona o suona si dedica alla costruzione e manutenzione degli strumenti. E gli altri si godono la musica, applaudono e si commuovono. Nessun pianeta deve essere opprimente, pericoloso o noioso».

Vittadini: ognuno conta

Gigi De Paolo con Giorgio Vittadini

Parlare di sussidiarietà significa quindi riconoscere che nessuno è un’isola al riparo dalle avversità, ma un membro di una comunità che non abbandona nessuno.

Come ha ricordato Vittadini «sussidiarietà vuol dire che ognuno conta. Significa che la gente si unisce per aiutare e costruire. Lo stesso articolo 2 della nostra Costituzione contiene questo concetto quando parla di formazioni sociali».

«Nonostante questo movimento dal basso, molta gente non viene più assistita, non riesce ad accedere ai servizi o fatica ad arrivare alla fine del mese. Le istituzioni pubbliche non possono fare tutto da sole e per questo noi vogliamo collaborare con loro – ha aggiunto – Ma se le istituzioni non aiutano le realtà sociali, allora rischiamo di diventare come gli Stati Uniti dove chi è povero e non ce la fa viene lasciato solo».

Giaccardi e Cerella: sussidiarietà è solidarietà

Chiara Giaccardi

Secondo la professoressa Giaccardi, è necessario «superare la dicotomia secondo la quale si può essere indipendenti o completamente dipendenti. Una via intermedia è essere interdipendenti, ovvero legati come membra di un unico corpo e allo stesso tempo capaci di inventiva. Come ha ricordato Papa Francesco, la sussidiarietà è sempre accompagnata dalla solidarietà: dobbiamo quindi saper prenderci cura delle fragilità degli altri e riconoscere coloro che altrimenti sarebbe invisibili e dimenticati».

Al centro della serata, il pubblico ha ascoltato con vivo interesse le testimonianze di persone che non si sono voltate dall’altra parte e hanno cercato nel loro ambito di dare un aiuto concreto a coloro che ne avevano bisogno. A cominciare da Bruno Cerella che attraverso la sua organizzazione di volontariato senza fini di lucro, Slums Dunk, ha fatto della pallacanestro un mezzo per aiutare e unire popoli diversi. Dopo il primo progetto in Kenya, ne ha attivati altri in Argentina, Cambogia, Italia e Zambia.

«In un momento storico dove è più facile costruire muri piuttosto che ponti, abbiamo pensato di accorciare le distanze nel mondo semplicemente con un pallone perché lo sport è un linguaggio universale – ha spiegato – Noi non cerchiamo di creare il nuovo Michael Jordan, ma di trasmettere attraverso progetti concreti i nostri valori e di avvicinare i giovani ad un ambiente sano: lo sport è infatti un ottimo strumento per superare i propri limiti piuttosto che per sconfiggere l’avversario».

Acampora: sogni che si realizzano

 

Nino Acampora

Nico Acampora ha invece ripercorso le tappe che hanno portato alla nascita di PizzAut, «probabilmente il primo e unico ristorante in Italia, in Europa e forse anche altrove dove tutti i pizzaioli sono ragazzi autistici».

«All’inizio mi dicevano che era un’idea assurda o irrealizzabile. Oltretutto io non sapevo nulla di ristorazione. Eppure da allora abbiamo aperto due ristoranti e sfornato qualcosa come 350mila pizze» ha raccontato Acampora ricordando con commozione i progressi e soprattutto la dignità ritrovata di tanti ragazzi grazie al lavoro in pizzeria. Un impegno riconosciuto anche dal Presidente Sergio Mattarella che lo ha nominato Cavaliere al Merito della Repubblica.

Ravagnani: giovani protagonisti

Don Alberto Ravagnani

Anche la Chiesa è chiamata a portare la sussidiarietà nei propri ambienti, soprattutto per far sì che i giovani possano trovare un luogo dove non sentirsi limitati o depotenziati.

«Quando la Chiesa pensa soltanto ad un noi omogeneo, offre una prospettiva che i ragazzi non capiscono. E se un giovane fatica a sentire il proprio io valorizzato nella Chiesa, allora la lascia» ha sottolineato don Ravagnani citando come esempio di sussidiarietà “Fraternità”, «una community online nata dai giovani che desiderano essere cristiani tramite legami di amicizia che prescindono dalle parrocchie. In questo modo essi diventano costruttori di comunità».

«La sussidiarietà oggi è quindi portare avanti una Chiesa che non chieda loro di partecipare a ciò che altri hanno deciso, ma di essere protagonisti dando loro fiducia. Non sarà facile: magari sbaglieranno e dovranno essere accompagnati, però si sentiranno protagonisti», ha concluso.

 

 

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