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Anno Santo

Giubileo, la generosità che sgorga da scelte ponderate

L'indulgenza può essere ottenuta anche visitando «per un congruo tempo i fratelli che si trovino in necessità o difficoltà». Come pure intrattenendosi nell'adorazione eucaristica e nella meditazione

di Massimo PAVANELLO Delegato diocesano Giubileo

2 Marzo 2025
Un volontario dell’Associazione Ronda Carità e Solidarietà Milano con una persona senza dimora

Quanto è lungo un «congruo» periodo? Quanti soldi sono una «proporzionata» somma? E perché questo birignao per parlare di Giubileo? Rispondiamo. Ma non subito.

L’aggettivo sta al sostantivo come il condimento alla pasta. Se la seconda può essere un dato comune, il primo largheggia in libertà. Tra un leggero filo d’olio e un pesante sugo di peperoni, sta la personale opzione untuosa. Una discrezionalità, per uscire subito dalla metafora, presente pure nella morale cattolica. Che non è però arbitrarietà.

Gli aggettivi, per questa disciplina, non sono solo strumenti linguistici, ma portano messaggi spirituali. Tramite la loro scelta e il loro uso, guidano verso una vita giusta, che cerca di riflettere la bontà di Dio nel mondo. Come fossero segreti, sussurrati dal linguaggio stesso, per condurre verso la virtù.

Si prenda il caso della coscienza. La Chiesa la apprezza sempre in pariglia: «coscienza formata», «coscienza illuminata». Nulla a che vedere con la selvaggia impronta al bene di rousseauiana memoria.

La morale evangelica «obbliga» a una scelta ponderata. «Impone» l’esercizio della libertà passata al setaccio. San Paolo si incarica di ricordarlo: «Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri» (Gal 5,13).

La generosità citata ben si collega al tema dell’indulgenza giubilare invocata anche fuori dalle Chiese giubilari. Questo articolo, pertanto, è in continuità con i precedenti che hanno approfondito gli strumenti dell’intelletto e degli arti inferiori come possibilità per godere della grazia straordinaria.

Le norme per chiederla, prevedono che essa possa essere abbracciata anche visitando «per un congruo tempo i fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, diversamente abili…), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro». Ecco l’aggettivo dell’incipit. Con il relativo spazio per esercitare la libertà.

Stessa misura, non passi inosservato, è richiesta in altre circostanze. La norma vaticana citata, infatti, prescrive che i fedeli potranno ottenere l’indulgenza, inoltre, se «per un congruo periodo di tempo, si intratterranno nell’adorazione eucaristica e nella meditazione». Oppure, «devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri». La narrazione giovannea, che allea la lavanda dei piedi con l’istituzione della Eucarestia, è evidente filigrana del dettato giubilare.

Quale misura adottare, allora, per i volumi invocati dalle domande iniziali? Le tacche le punzona proprio il quarto Vangelo. È la frequentazione con Gesù, il canone: «Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me» (Gv 15,4).

Gli aggettivi approssimativi menzionati, trovano taglia quindi in una volontà di residenza. Poiché il pellegrinaggio cristiano ha per meta sempre il Paradiso. Le tappe giubilari lo evocano e, in qualche modo, lo anticipano.