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Sirio 10 - 16 marzo 2025
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Intervista

«Il carisma di don Giussani è riscoprire l’incontro con Cristo dentro la Chiesa»

A vent’anni dalla morte del fondatore di Comunione e Liberazione, il presidente della Fraternità Davide Prosperi dice: «Ha sempre considerato Cl un “frutto storico” della tradizione ambrosiana. Mi raccomandò l’umiltà»

di Annamaria BRACCINI

21 Febbraio 2025
Don Giussani con alcuni giovani

A vent’anni dalla morte di monsignor Luigi Giussani, avvenuta a Milano il 22 febbraio 2005, qual è la sua più grande eredità? Lo chiediamo a Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione e riconfermato da papa Francesco, proprio in questi giorni, per un secondo mandato quinquennale. «Don Giussani ha sempre affermato che non aveva mai avuto intenzione di “fondare” qualcosa di nuovo, ma che il suo unico interesse era vivere e comunicare “la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali e basta”».

Un carisma che continua?
Il carisma che gli è stato donato, e che la Chiesa ha autorevolmente riconosciuto, è stato anzitutto quello di riscoprire l’incontro con Cristo, presente dentro la Chiesa, come risposta alle domande strutturali del cuore dell’uomo, e di condividerlo con tutti coloro con i quali entrava in contatto. Questa è la sua eredità: il carisma che il Signore ha donato attraverso lui a tutta la Chiesa. Il movimento di Comunione e Liberazione è chiamato a custodire e valorizzare questo carisma, come ci è stato chiesto da papa Francesco.

Il saluto di Davide Prosperi a monsignor Mario Delpini durante la recente Messa in Duomo (foto Matteo Montorfano / Fraternità CL)

Alle esequie del Servo di Dio in Duomo, l’allora cardinale Ratzinger disse: «Sin dall’inizio monsignor Giussani era [stato] toccato, anzi ferito dal desiderio della bellezza» e, non accontentandosi «di una bellezza qualunque», aveva «trovato Cristo», capendo così che «il Cristianesimo è un incontro». Come questo incontro continua a essere un messaggio attrattivo per le giovani generazioni?
Il cardinale Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, in un intervento pubblicato sull’Osservatore Romano e sulla rivista di Cl Tracce in occasione dell’anniversario, ha notato che Giussani «ha saputo parlare all’uomo», facendo i conti con le esigenze di bellezza, verità e felicità che albergano nel cuore di tutti. Proprio per questo tanti giovani, ascoltando Giussani, hanno preso coscienza di sé e hanno scoperto Cristo come risposta a tali esigenze. Incontrando tante comunità in Italia e nel mondo, vedo che la stessa dinamica accade anche oggi, ovunque ci sia un adulto segnato dall’incontro con Cristo dentro la Chiesa.

Nel suo saluto di ringraziamento al termine della celebrazione nel XX della morte di Giussani lei ha ricordato che non si può «seguire, capire e essere fedeli a Cristo se non insieme», come diceva il fondatore. Quale, a suo parere, il frutto più significativo di questo camminare uniti nella Chiesa ambrosiana di cui Giussani era figlio e sacerdote?
Don Giussani ha sempre considerato Cl come un «frutto storico» della tradizione ambrosiana. Il cardinale Farrell, nel suo intervento, nota che Giussani era un «prete in talare», che non si è mai vergognato di appartenere alla Chiesa e di proporre Cristo a chiunque incontrava, dai giovani del liceo Berchet fino ai monaci buddhisti che lo avevano invitato in Giappone. Anche noi oggi siamo chiamati a essere consapevoli che solo nell’abbraccio della Chiesa possiamo fare esperienza personale dell’amore e della pace che Gesù ha introdotto. E noi di Cl condividiamo con tutti i nostri fratelli cristiani la responsabilità di questa testimonianza nel mondo.

Lei ha conosciuto «don Gius». Un ricordo personale?
Quando mi affidò la responsabilità per le comunità del Movimento in Europa, Giussani mi raccomandò di chiedere sempre alla Madonna di concedermi un cuore umile. Oggi ancora di più cerco di seguire quella raccomandazione. Non a caso, fra pochi giorni andrò in pellegrinaggio a Lourdes con alcuni amici.