Fino al 25 gennaio è in corso la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, con il titolo quest’anno tratto dal Vangelo di Giovanni al capitolo 11, «Credi tu questo?», accompagnato dalle riflessioni elaborate dalla Comunità monastica di Bose, dopo un confronto internazionale. «Il motivo di questa scelta è evidentemente legato alla ricorrenza del 17° centenario del primo Concilio ecumenico tenutosi a Nicea nel 325, dove si sono poste le basi e si è definito il Credo, completato poi dal secondo Concilio di Costantinopoli, che celebriamo e professiamo anche nelle nostre celebrazioni come Credo costantinopolitano», spiega il diacono permanente Roberto Pagani, responsabile del Servizio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo.
Il Credo come ispira la Settimana?
È interessante notare che questa professione di fede segna tutto l’Ottavario 2025, in quanto ogni giorno viene affrontato uno degli articoli di fede professati nel Credo che viene approfondito. Sono davvero molti gli eventi quest’anno – oltre 20 – naturalmente sia a Milano, sia nelle altre Zone pastorali.
Quali gli eventi clou da sottolineare?
Per la città di Milano, dove gli appuntamenti sono proposti in collaborazione tra la Diocesi e il Consiglio delle Chiese cristiane, ne evidenzierei tre. Il primo è quello tenutosi sabato sera nella Basilica di Sant’Eustorgio, vicino al primo fonte battesimale della città dove battezzava Barnaba. Poi è certamente importante la Veglia ecumenica di mercoledì 22 gennaio nella Basilica di Sant’Ambrogio, luogo fondamentale della testimonianza della fede cristiana a Milano del IV secolo: qui ascolteremo la riflessione dell’Arcivescovo e, come accade nelle diverse Zone della Diocesi, questo momento è stato organizzato in collaborazione con il Servizio per il Coordinamento dei Centri culturali e ciò mi pare molto significativo. Il terzo appuntamento è quello finale, che quest’anno non registra solo la festa delle corali delle diverse Confessioni, ma va oltre, sfruttando al meglio la ricchezza, estremamente significativa, di testi patristici presente nel sussidio elaborato dalla Comunità di Bose, che rendono tutti più consapevoli dell’eredità enorme che abbiamo ricevuto.
Il Concilio di Nicea ci parla del tentativo di essere una Chiesa indivisa. Oggi sappiamo quanto sia importante parlare con una sola voce, anche a livello civile, per esempio negli appelli alla pace…
Sì, questo è un obiettivo che ci accompagnerà durante tutto l’anno. In particolare, in questa sottolineatura della dimensione civile, stiamo organizzando un momento previsto per il 2 giugno, quando le varie Chiese, partendo dai propri luoghi di culto di riferimento, si recheranno processionalmente in Sant’Ambrogio: noi cattolici, guidati dall’Arcivescovo, partiremo dal Duomo. Così, in un giorno tanto significativo come è la festa della Repubblica, le Chiese cristiane vogliono esprimere ancora una volta la propria professione di fede in un luogo in cui simbolicamente è custodita la nostra origine comune, la Basilica santambrosiana. Intendiamo riprendere l’esperienza del primo Concilio ecumenico di Nicea, nel quale – 12 anni dopo l’Editto di Milano – i cristiani emergono e dicono pubblicamente ciò in cui credono, allora usando le categorie culturali che avevano a disposizione, e nel terzo millennio compiendo gesti che possono caratterizzare il nostro essere figli dell’unico Dio e, quindi, fratelli tutti.
Per saperne di più sul Concilio di Nicea: il libro Cercare Dio?