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Ecumenismo

La Chiese cristiane unite per la pace

Lo ha ribadito l’Arcivescovo insieme ai ministri delle confessioni aderenti al Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, nell’incontro in Arcivescovado al termine del Pontificale del primo gennaio in Duomo. Il riferimento ai 1700 anni del Concilio di Nicea con uno sguardo fortemente attuale

di Annamaria BRACCINI

2 Gennaio 2025

Affetto, stima, amicizia. Sono questi i sentimenti con cui le confessioni aderenti al Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, hanno salutato l’Arcivescovo nell’incontro tornato a svolgersi, dopo qualche tempo, in Arcivescovado la sera del primo giorno dell’anno.

Dopo aver impartito insieme, concelebranti e ministri delle Chiese, la benedizione finale nella celebrazione vespertina in Duomo, il saluto e l’augurio, informali e amichevoli, hanno avuto il senso di un ritrovarsi uniti nell’invocare la pace e la concordia tra i popoli.

Così come ha detto, nel suo saluto iniziale a nome del CCCM, il presidente di turno, padre Traian Valdman della Chiesa ortodossa romena, protagonista da decenni del dialogo ecumenico in Diocesi.

Accanto a lui e all’Arcivescovo, il vicario episcopale monsignor Luca Bressan, nella sua veste di presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo e il responsabile del Servizio diocesano, il diacono permanente Roberto Pagani. 

Il saluto del presidente del Consiglio delle Chiese

«La sentiamo vicino», ha sottolineato, infatti, padre Valdman, rivolgendosi direttamente al vescovo Mario. «Di fronte a ideologie che mettono in conflitto il ricco con il povero, le donne e gli uomini, noi con l’aiuto della fede affermiamo la verità dell’unico Dio». Il riferimento è al Concilio di Nicea di cui, quest’anno, ricorrono i 1700 anni, essendosi tenuto nel 325.  

L’intervento di padre Traian Valdman della Chiesa ortodossa romena, presidente di turno del Consiglio

«“Crediamo”, diciamo tutti all’inizio del Credo, e questo è a testimonianza che tutti i cristiani credono insieme. Nei prossimi mesi – annuncia il padre ortodosso – proporremo un confronto teologico sui temi evocati da Nicea, una preghiera condivisa per la pace e un gesto pubblico che ci veda professare insieme la fede comune. Tutti noi viviamo nello stesso ambiente dove riconosciamo che la gente non è stanca della vita (il richiamo è al recente “Discorso alla Città” 2024 di monsignor Delpini), ma è stanca di una vita senza senso perché è stata derubata dell’oltre. Lo sguardo contemplativo che lei propone è necessario anche per la pace. Noi, come Chiese, possiamo portare un consistente contributo alla pace riconoscendo il nostro unico Padre».

Tenere fisso lo sguardo su Gesù

Intorno al concetto di consustanzialità, sancito dal concilio di Nicea, si articola anche l’intervento dell’Arcivescovo. «Milano ha visto una presenza ariana molto forte», spiega. Il riferimento è, ovviamente, ai tempi di sant’Ambrogio, strenuo nemico dell’eresia originata e predicata dal vescovo Ario che negava la divinità di Cristo e la sua consustanzialità col Padre, affermando che fosse una semplice creatura scelta da Dio come strumento di salvezza.

«La divinità di Gesù è un principio irrinunciabile, di preghiera, di vita e di conversione», osserva monsignor Delpini. «Il mio augurio è che noi, pur con storie diverse, modi di pregare diversi – i testi della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani sono sempre molto belli -, teniamo insieme fisso lo sguardo di Gesù. Questa mi pare che possa essere una via di unità: pregare insieme con i testi che le differenti tradizioni ci propongono».

«Vorrei prendere come augurio l’homoousion – “della stessa sostanza del Padre” -, il “consustanziale”, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale all’uomo per l’umanità. È questo principio di rivelazione, cosi straordinaria, che vorrei prendere come un augurio per l’anno che inizia. Per Gesù noi abbiamo accesso al Padre ed è di questo oltre che abbiamo bisogno. Quanto alla divinità, abbiamo bisogno di una visione dell’uomo, della donne, della storia, come luoghi dove è stata aperta una strada per entrare nella vita di Dio. Questa città, questo mondo occidentale paiono non aver bisogno della trascendenza. Nell’aria che si respira sembra di vedere il tema della preghiera come un’opzione personale e quello della speranza come una legittima convinzione, ma irrilevante nelle decisioni che riguardano la vita».

Costruttori di pace

E, ancora, consustanzialità come umanità e, da qui l’auspicio finale dell’Arcivescovo. «Condividiamo le preoccupazioni degli uomini e delle donne di questo tempo: preoccupazioni per l’ambiente, per la pace, la giustizia, in modo da essere anche noi costruttori di pace. Contemplando il Verbo incarnato in Gesù, il mio augurio è che noi possiamo pregare e sperare in comunione con la Trinità. Possiamo pensare, lottare, impegnarci in comunione anche tra di noi, perché le nostre Chiese e comunità possano essere significative in un circolo di pace».  

A conclusione, il suggello della serata con il momento conviviale e o scambio di tante esperienze di fede condivise sul territorio, con il pensiero già rivolto alla Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani 2025, in programma dal 18 al 25 gennaio con il titolo, “Credi tu questo?” dal Vangelo di Giovanni 11, 26.

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