Nel Discorso alla Città per la solennità di Sant’Ambrogio l’Arcivescovo di Milano mette in evidenza i molteplici significati del Giubileo che sta per aprirsi, con l’esortazione a «lasciar riposare la terra», che riecheggia i versetti biblici che parlano del Giubileo nell’Antico Testamento.
Questo invito viene declinato da monsignor Delpini in molti modi possibili, a partire dalla giusta constatazione della «stanchezza» diffusa nella nostra società: la stanchezza che deriva da un lavoro frenetico e che spesso non basta per vivere; la stanchezza di famiglie in cui i legami vengono messi in discussione dalla frenesia del vivere moderno; la stanchezza di una politica fatta perlopiù di battibecchi e di chiacchiere senza sostanza, che poi produce il risultato di un’inarrestabile disaffezione al voto. Ma anche la stanchezza di una città sempre più costosa, affannata, vittima di ripetuti disastri che potrebbero essere evitati con maggiore previdenza, le cui periferie si sentono abbandonate.
Il Giubileo che inizierà la notte di Natale – ci dice il nostro Arcivescovo – potrà essere l’occasione per dare sollievo a questa stanchezza, condonando i debiti dei poveri e spingendo i ricchi a onorare i propri verso i lavoratori, verso il fisco, verso l’ambiente, requisendo e mettendo al servizio dei cittadini le ricchezze ingiuste provenienti dal malaffare.
Come Acli ci sentiamo in particolare sollecitati da tre aspetti sottolineati dall’Arcivescovo come via d’uscita alla stanchezza della città: la dimensione educativa, quella socio-sanitaria, quella della pace.
Sul primo aspetto le Acli milanesi sono impegnate da anni nell’ambito formativo, compresa la formazione professionale, così importante oggi per la qualificazione e riqualificazione dei lavoratori, e in una serie di progetti orientati all’intervento in realtà complesse, a partire dalle scuole di italiano per stranieri. Si tratta forse di piccoli contributi, ma essi rientrano in quella prospettiva di cura delle piaghe della città per le quali monsignor Delpini auspica che «si dia sollievo a operatori stanchi con riconoscimenti più concreti, con simpatia e stima più evidenti, con una semplificazione della burocrazia».
Nella prospettiva socio-sanitaria le Acli sono intervenute nel corso di questi anni per analizzare e denunciare le problematiche verificatesi a danno dei cittadini utenti, peggiorando la loro condizione e rendendo a volte difficile potersi curare in assenza di risorse economiche, così da vanificare il precetto costituzionale delle cure sanitarie per tutti. Lo rileva l’Arcivescovo, esortando a «non dimenticare le cause sociali della malattia, prediligendo i più fragili, perché non ricevano solo risposte emergenziali, ma anche di prevenzione e cura nella cronicità e progettando interventi incentrati sull’equità e sulla partecipazione dei tanti soggetti diversi, pubblici e privati, istituzionali e informali, sociali e sanitari perché siano armonizzati in un’unica responsabilità pubblica capace di raggiungere tutti». Una società che non sa curare è una società malata, e questo è uno dei tasselli di una crisi sociale che riguarda non solo Milano, ma tutta l’Italia e l’Europa.
Sulla questione della pace le Acli hanno imperniato la loro stagione congressuale appena conclusa. In questo momento è un problema politico primario, che non riguarda solo i mille teatri di guerra che affliggono il mondo, ma attraversa anche la nostra realtà sociale, che non riesce a uscire dallo schema amico/nemico e dimostra di avere bisogno «di una cultura di pace che rilegga la storia e ne impari la lezione: la guerra è sempre una sconfitta, una sciagura per vincitori e vinti, scatena sempre reazioni e vendette che producono frutti avvelenati». Per questo è necessaria un’educazione alla pace intesa come «un’alleanza educativa che sappia coinvolgere famiglie, espressioni aggregative della società civile, della comunità cristiana, delle confessioni cristiane presenti nel territorio, dei fedeli di tutte le religioni» e che serva a «rimuovere le cause dei conflitti che si annidano nelle ingiustizie, nelle violenze, nella corruzione, nell’abuso dell’ambiente, nella disumanizzazione del nemico».
Le parole del nostro Vescovo ci guidano verso il Giubileo come un’occasione di riscoperta della nostra umanità più profonda nella fede in Cristo e in cammino con tutte le persone di buona volontà, cercando di costruire una società a misura della dignità umana, in particolare di quella dei piccoli, dei poveri e dei dimenticati.