Un dramma sociale trasversale. Alle culture, alle età, alle condizioni economiche e sociali, persino ai livelli di istruzione. Non mancano letture funzionali a interessi di parte politica, ma la realtà è che il fenomeno della violenza di genere riguarda l’intero corpo sociale. Dispiegandosi soprattutto all’interno dei circuiti famigliari e delle relazioni sentimentali.
Ne sono convinte e lo ribadiscono – in prossimità del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne -, le operatrici di Caritas Ambrosiana e delle cooperative a essa associate, impegnate sui molteplici fronti dell’ascolto, della consulenza, dell’accoglienza, della protezione e del reinserimento sociale di donne vittime di violenza.
Il sistema Caritas agisce su questi fronti da quasi trent’anni. A Milano, il Servizio Donne (SeD) di Caritas opera come centro antiviolenza riconosciuto dalle istituzioni, mentre una comunità residenziale a indirizzo segreto, fuori dal capoluogo, ospita fino a 5 donne che hanno assunto la decisione di abbandonare relazioni e famiglie segnate da dinamiche di violenza aperta e protratta. Entrambi i servizi fanno parte della Rete antiviolenza che vede collaborare 14 realtà di terzo settore coordinate dal Comune di Milano. Analoghe collaborazioni vengono sviluppate all’interno delle reti anti-violenza delle altre provincie comprese, in toto o in parte, nella diocesi di Milano.
Nei primi dieci mesi del 2024, il SeD ha ricevuto quasi 80 telefonate di donne minacciate o violate; le segnalazioni e i primi colloqui si sono tradotti, in 21 casi, in percorsi di analisi del rischio, poi di accompagnamento (psicologico, relazionale, legale, burocratico) e addirittura di protezione. Questi casi, aggiungendosi a quelli già attivati negli anni precedenti, hanno elevato a 55 il numero delle donne attualmente prese in carico.
Al SeD di Caritas si rivolgono, in proporzione alla composizione demografica della popolazione, molte donne straniere. Ma ciò non è effetto di un intensificarsi dell’incidenza dell’immigrazione irregolare sul fenomeno della violenza di genere: è invece la conseguenza del fatto che, in genere, le donne straniere vivono una condizione di maggior solitudine, hanno reti di relazione meno significative e minori risorse economiche, culturali e di conoscenza per affrontare in autonomia una situazione di violenza subita.
Che si rivolga a italiani o stranieri, a giovani o adulti, a persone con diplomi di basso livello o a laureati, fondamentale appare dunque il lavoro di prevenzione, chiamato a fronteggiare un contesto sociale e culturale indifferente o persino complice, che perpetua un modello di relazione tra uomini e donne che tollera la violenza, ne minimizza la portata, assolve i maltrattanti in nome di culture, tradizioni, equilibri sociali e familiari, fino ad arrivare a colpevolizzare le donne stesse.
Tale lavoro educativo e di sensibilizzazione viene svolto durante l’intero corso dell’anno, in varie forme. In vista del 25 novembre, anche quest’anno conoscerà un’intensificazione. Le operatrici di Caritas e della cooperativa Farsi Prossimo parteciperanno infatti a quattro iniziative programmate a Milano: venerdì 22, un convegno sulla violenza in età giovanile alla Clinica Mangiagalli; lunedì 25 un incontro presso la Città Metropolitana, con inaugurazione di due panchine rosse nel parco di Palazzo Isimbardi e la firma in Prefettura di un protocollo interistituzionale per gli orfani vittime di femminicidi, e in contemporanea un’assemblea con 25 classi dell’istituto comprensivo “Primo Levi”, mentre in serata si svolgerà un incontro con gli adolescenti della parrocchia Santa Maria del Rosario di via Solari.