Aumentano i reati contro le donne, soprattutto quelle più giovani. A dirlo sono i dati che il Tribunale di Milano ha presentato a una delegazione del Grevio, l’organismo tecnico del Consiglio d’Europa che verifica l’attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, in visita a Milano a fine ottobre.
Le misure cautelari per reati di genere emesse nel 2023 sono state 1.246, contro le 758 del 2023 (più 64%), mentre le sentenze per lo stesso tipo di reati passano da 930 a 1089: il 67% sono state di condanna (+9%), il 22% di non doversi procedere (-7%) e il 10% di assoluzione (-3%). I condannati hanno per lo più tra i 18 e i 41 anni (58,2%). Fra le vittime, che sono state in tutto 1.132, 812 sono donne italiane, soprattutto nella fascia 26-35 anni seguita dalla fascia 36-45 anni. Interessante notare come le minorenni offese siano state 325 con un aumento del 46% rispetto al 2023.
Ne abbiamo parlato con Sabrina Ignazi, coordinatrice del SeD (Servizio donne), il Centro antiviolenza riconosciuto da Regione Lombardia e gestito dalla cooperativa Farsi Prossimo in collaborazione con Caritas Ambrosiana. Un punto di osservazione privilegiato sul problema: «Come Centro antiviolenza – racconta Ignazi – riceviamo circa 120 telefonate all’anno, molte seguite da una effettiva presa in carico. Significa che noi incontriamo direttamente le donne, raccogliamo la loro storia e intraprendiamo con loro un percorso individualizzato, che può essere molto vario a seconda delle situazioni di partenza, che vanno dagli episodi di stalking fino a situazioni di violenza molto grave». Rispetto ai dati del Tribunale di Milano Ignazi commenta: «Dal nostro osservatorio possiamo dire che la violenza verso le donne è sempre molto trasversale, cioè non conosce età, ceto, provenienza geografica. Vediamo però che tra i giovani sono in aumento i casi di stalking. Ragazze che decidono di interrompere una relazione, ma che non riescono a farlo perché il partner le perseguita con le modalità tipiche dello stalking, che può essere più o meno pesante: si va dai regali non richiesti agli incontri “casuali” frutto di appostamenti, sino alle persecuzioni vere e proprie, con minacce, con revenge porn, con la diffamazione sui social».
«D’altra parte – prosegue Ignazi -, le ragazze più giovani riescono a intercettare un po’ prima i segnali della violenza, un’impressione che è confermata dai dati del Tribunale, che parlano di una sempre maggiore consapevolezza da parte delle donne e anche di una certa fiducia nelle istituzioni». Per affinare la capacità di riconoscere i campanelli di allarme (non ti permette di uscire con le tue amiche, controlla il tuo telefono, vuole sapere sempre dove sei…), secondo Ignazi è fondamentale un’azione educativa: «Questo è il motivo per cui oltre ad accompagnare le donne nei loro percorsi, facciamo anche un lavoro di formazione e sensibilizzazione sul territorio e nelle scuole. Riteniamo importante partire fin dalle elementari con un percorso sull’affettività, ovviamente con linguaggi adeguati all’età. Siamo consapevoli che solo così si potrà intervenire per un vero cambiamento culturale».
Un problema educativo
Sull’educazione come perno del cambiamento insiste anche don Stefano Cucchetti, insegnante di Teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, cappellano del carcere di Bollate e vicario pastorale presso la comunità pastorale Cenacolo di Quartoggiaro: «Di fronte a i dati che ci parlano dell’aumento della violenza di genere, l’attenzione che ritengo prioritaria è quella di superare l’approccio giuridico, che è importante e necessario, ma non sufficiente, se non altro perché è inevitabilmente un approccio sempre a posteriori. Ma nemmeno l’approccio culturale e sociale, quello che si interroga sul ruolo della donna nella nostra società, sebbene importante, può essere esclusivo. Ritengo che accanto a queste prospettive sia necessario recuperare una profonda riflessione pedagogica. Il compito di una comunità adulta, a maggior ragione di una comunità cristiana, è quello di prendersi cura di queste vicende senza spaventarsi, senza immediati allarmismi o immediate catalogazioni ideologiche, mettendosi al fianco dei ragazzi e dei loro vissuti».
Un compito a cui vuole rispondere il volume 10 parole per educare nell’Amore (Centro Ambrosiano), promosso dalla Fom con la collaborazione, tra gli altri, di don Cucchetti. Il voume nasce proprio per proporre agli educatori una chiave di lettura sul tema dell’affettività (corporeità, relazioni, identità). Al testo è collegato un percorso di approfondimento online disponibile sulla piattaforma formativa Oramiformo.it, a cui si accede gratuitamente dal Qrcode disponibile in fondo alla pubblicazione. Si tratta di cinque video tematici scanditi in formula modulare. Al testo pubblicato si ispirano anche alcune schede per educatori sull’app «Attraverso», utili per costruire esperienze significative con gli adolescenti durante tutto l’anno pastorale.
«Non si tratta di fornire un “manuale” per organizzare incontri o trattare queste tematiche con gli adolescenti o con i giovani – precisa don Cucchetti – quanto di un orizzonte pedagogico condiviso che si rivolge ad educatori, responsabili degli oratori, adulti delle nostre comunità, genitori, famiglie, allenatori delle società sportive. Insomma tutte le figure adulte che, avendo a che fare con i ragazzi inevitabilmente, non possono prescindere dal loro vissuto affettivo. Questo è un punto molto importante: renderci conto che l’affettività non è una tematica specialistica, non è una aspetto “separabile” e delegabile ad altri, ma è parte intrinseca del vissuto dei ragazzi che siamo chiamati a educare».