Sabato 9 novembre, nel Duomo di Milano, l’arcivescovo Mario Delpini ordinerà 8 diaconi permanenti con una cerimonia solenne che avrà inizio alle 17.30: diretta su www.chiesadimilano.it e Youtube.com/chiesadimilano. .A stringersi attorno a questi giovani uomini, in un momento così importante della loro vita, ci saranno le loro mogli, perché sono tutti sposati, e i loro figli.
Da Milano e provincia provengono Simone Piero Luigi Cattaneo, Raffaele Chiara, Matteo Distaso ed Emiliano Gioffredi; dalla provincia di Monza e Brianza, Danilo Michele La Barbera, Pier Giorgio Panzeri ed Edgar Viviano Patiño Saldana; dal comasco Vincenzo Petrucci (qui i loro profili). Ad accompagnare nell’ultimo tratto di cammino questa classe di candidati – la trentesima per la Diocesi di Milano – è stato don Filippo Dotti, da un anno rettore per la Formazione al diaconato permanente.
Don Filippo, che impressione ha avuto dei diaconi ambrosiani?
Ho incontrato una realtà che non conoscevo, se non marginalmente. Una realtà molto bella, viva e numerosa. Dopo queste ordinazioni, infatti, in Diocesi avremo 166 diaconi. Ho ricevuto testimonianze di fede forti, sia da quanti sono diaconi da diversi anni e svolgono ruoli importanti nella Chiesa, sia dalle storie di chi sto accompagnando nel cammino di formazione.
Come vede questa classe che si accinge all’ordinazione?
Questo trentesimo gruppo è formato da uomini molto diversi tra loro per età (il più giovane ha 38 anni, il più anziano 61), provenienza e professione, eppure molto uniti. Ad accomunarli è la carica di simpatia e di esuberanza che è riuscita a contagiare tutti, dal dirigente superiore della Polizia di Stato (ora in pensione) al cantante lirico, dal bancario all’insegnante, dall’impiegato al magazziniere… Tanta allegria e vitalità ha portato nel gruppo Edgar Viviano, di origine sudamericana.
Il numero dei diaconi sta crescendo nella Chiesa e spesso questi uomini sono il braccio destro dei sacerdoti, che non riescono ad arrivare dappertutto. Cosa ne pensa?
Il diaconato rappresenta una ricchezza in più, la Chiesa è fatta di tanti ministeri, non solo preti e laici. La Chiesa di oggi si fortifica con varie vocazioni, che tra loro si aiutano, non si sostituiscono.
Oltre che per le vocazioni sacerdotali, dobbiamo pregare anche per quelle diaconali?
Certo, per tutte le vocazioni. Quella diaconale è in crescita, ma non conosciuta dappertutto. Tanti uomini si avvicinano al diaconato tramite il passaparola di amici, ma è importante che circoli la notizia della possibilità di questo cammino di santità, che arricchisce intere famiglie, oltre alle comunità in cui il diacono è inserito.
È una vocazione che interpella anche le mogli, che devono dare il loro assenso. Quanto è importante la loro presenza?
È decisiva, non solo per l’assenso che le spose devono dare al cammino, che dura sei anni. Il loro è un sostegno importante, che non mancherà di sacrifici, di tempo sottratto alla famiglia, ma se affrontato in maniera positiva, nella consapevolezza che quello del marito è un cammino di santità, di risposta alla chiamata del Signore, allora farà bene alla coppia e all’intera famiglia, se ci sono dei figli.
In una società assetata di fama e potere, il diacono va controcorrente…
È un grande mistero anche per me il fascino del Signore che si mette al servizio. La percezione avuta è che all’inizio sono uomini che intuiscono che la Chiesa ha bisogno e loro potrebbero fare qualcosa, poi nel cuore cresce lo spirito di Cristo servo, che li porta a impegnarsi in vari ambiti: in parrocchia, nei gruppi Caritas, nelle carceri, negli ospedali… La cosa bella è che questa loro testimonianza fa da richiamo per tutta la Chiesa che si mette a servizio dell’umanità.