«La meta è l’infinito; originali e non fotocopie; non io, ma Dio». Camminano portando tra le mani il libretto che si intitola così, per le strade che furono quelle di chi queste parole le ha scritte, ma soprattutto vissute: il beato Carlo Acutis. E li riconosci subito, allegri, in gruppo, accompagnati da qualche educatore, la suora o il “don”, mentre entrano all’Istituto delle Marcelline di piazza Tommaseo, la scuola di Carlo dai 6 anni alla media, o al “Leone XIII”, dove frequentò la IV ginnasio e solo il primo mese della V, perché il Signore lo chiamò a sé a soli 15 anni, il 12 ottobre 2006. O, infine, mentre sostano davanti alla chiesa di Santa Maria Segreta, la parrocchia dove il futuro santo andava a Messa e quotidianamente si avvicinava all’Eucaristia, la sua «autostrada per il cielo», come scrisse.
La notte che precede la solennità liturgica di Tutti i Santi, per gli adolescenti e i ragazzi che provengono da tutte le zone della Diocesi e che si ritrovano nei luoghi “di casa” del Beato 2.0, è questo: niente dolcetto o scherzetto, nessun travestimento, non l’halloween dell’horror a buon mercato in salsa metropolitana, ma una festa composta, vissuta nel nome di un coetaneo che, appunto, non fu una fotocopia nei comportamenti, ma un originale nella sua purtroppo breve vita.
Le tappe del percorso
Come raccontano ai giovani che prendono parte alla «Notte dei Santi» 2024 promossa dalla Fondazione degli Oratori Milanesi e dall’Arcidiocesi, i testimoni: al Collegio San Carlo Fabrizio Zaggia (suo insegnante di religione al Ginnasio), il padre gesuita Alessandro Bino (che si occupa della Pastorale al “Leone XIII”), con i gruppi di giovani e giovanissimi che lo ascoltano seduti semplicemente a terra, e suor Miranda Moltedo, direttrice della scuola elementare delle “Marcelline” ai tempi di Carlo.
«Abbiate fiducia e passione in Gesù Eucaristia», ice padre Alessandro, introducendo il breve video dedicato al volontariato, girato e montato da Acutis, che nelle immagini appare sorridente e allegro tra i suoi compagni, con quella sequenza che non si può dimenticare e che si fa quasi presagio: una persona anziana disabile con la carrozzina spinta da Carlo verso la luce di un pallido sole. «Dovete guardare questo video e il mondo con gli occhi di Carlo, che significa mettersi al servizio dei più deboli e fragili, utilizzare il linguaggio del bene e dell’inclusione», nota padre Bino, poco prima che i ragazzi entrino nell’aula che il beato ha frequentato nel suo ultimo anno di studio, dove una semplice candela, posta sul banco, lo ricorda.
E come, nel video, alcuni allievi del “Leone XIII” raccontano in una frase cosa sia per loro il coetaneo destinato all’onore degli altari, così chi partecipa alla «Notte dei Santi» viene invitato a lasciare in pensiero all’uscita. «Non dimenticate che siete originali. Scrivete un messaggio a Carlo che oggi può essere un vostro compagno di banco».
Un ragazzo normale
«Capite chi siete e quale è il vostro posto nella storia», scandisce, invece, alle “Marcelline”, suor Miranda che, poi accompagna i ragazzi al momento dell’adorazione eucaristica nella grande cappella interna alla scuola. «È il bello dell’essere grandi. Cerca la tua originalità nel cuore di Dio. Carlo era un ragazzo normalissimo, non ha mai manifestato una santità con gesti o una predicazione particolari, ma ha parlato di Gesù con la sua vita. Era un bimbo come tanti altri, osservava, si capiva che rifletteva, e anche se aveva fatto la Prima comunione in seconda elementare, né i genitori, né lui parlavano mai di una fede troppo insistita. Studiava, ma non era un “secchione” – si diplomò, a conclusione della Terza media, con il titolo di “Distinto” -, era curioso di molte cose e aveva già allora una grande passione per l’informatica, per cui rincorreva il professore di questa materia del nostro Liceo scientifico, ponendo tante domande. Chi veramente sia stato lo abbiamo scoperto dopo la sua morte».
Negli angoli oscuri della vita, salvati da Gesù
Infine, il momento vissuto nella bella chiesa di Santa Maria Segreta dove si alternano, per la riflessione rivolta ai ragazzi e la preghiera, l’Arcivescovo e i Vescovi ausiliari, con la presenza dei sacerdoti, tra cui il direttore della Fom don Stefano Guidi.
«C’è un angolo oscuro in tutti noi – spiega monsignor Delpini -. Ho visto ragazzi arrabbiati con i propri genitori, qualche volta di una rabbia profonda fino ad augurarsi delle cose terribili. Ecco cosa ci insegna Carlo questa sera a proposito dell’angolo oscuro della rabbia. A vedere in questa immagine – il riferimento è a un quadro posto in altare maggiore che lo ritrae, con le sembianze di una sua notissima fotografia, ndr – la sua serenità. Io non l’ho conosciuto personalmente, quindi non so come abbia affrontato i suoi angoli d’ombra, però mi pare che Carlo ci insegni questo mettersi davanti al sole, come fu per lui l’Eucaristia, presenza di Gesù vivo».
«Forse – ha continuato rivolgendosi direttamente ai ragazzi presenti -, nel lato oscuro della tua vita ci sono dei pensieri che si ispirano alla pornografia, a dei modi di considerare il corpo dell’uomo e della donna che ne fa degli strumenti, che li umilia con la volgarità, magari stimolata da tanti strumenti di comunicazione. Sono quei pensieri e quelle fantasie di cui ti vergogni, che non osi dire a nessuno. E, allora, cosa può insegnarci per questo Carlo Acutis? Anche lui, penso, ha fatto i conti con la sua sessualità, con i suoi affetti, con la sua vita di ragazzo che cresceva, ma vedendolo così sereno e leggendo quelle poche frasi che ci hanno ispirato questa sera, a me pare che ci insegni ad avere un atteggiamento di nobiltà. Le parti di noi di cui ci vergogniamo possono essere salvate da Gesù, accolte non come una specie di spunto per condannarsi, ma per guardare più in alto. Tutti viviamo le angosce e le paure della malattia, della morte, della solitudine, del non essere interessanti per nessuno, ma Carlo, che pure ha sofferto, ci dice che, qualunque cosa capiti, si può mettere il lato oscuro della vita davanti alla luce di Gesù, davanti all’Eucaristia, sotto la protezione di Maria. Infatti, Carlo Acutis amava anche pregare il Rosario».
«Non spaventatevi, non preoccupatevi, ma piuttosto cercate la via per fare diventare luce l’angolo oscuro. Questo quadro di Carlo Acutis ha proprio questo messaggio: un ragazzo di 15 anni può essere tutto nella luce, non perché non ha difetti o non deve affrontare delle tentazioni, ma perché si consegna all’amicizia di Gesù».
Poi, dopo la preghiera “Come Carlo Acutis”, scritta dallo stesso Arcivescovo e recitata coralmente, la benedizione, gli immancabili selfies e la consegna di un piccolo braccialetto con la frase “Non io, ma Dio”, consegnato a giovani con il sorriso sulle labbra.