Mi 4,6-8; Sal 95; 2Cor 1,1-7; Lc 11,27b-28
«“In quel giorno – oracolo del Signore – radunerò gli zoppi, raccoglierò i dispersi e coloro che ho trattato duramente. Degli zoppi io farà un resto, dei lontani una nazione forte”. E il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre». Mi 4,6-7
Il profeta Michea, in ascolto del Signore, disegna un tempo nuovo, in cui si renderanno visibili la pace e la condivisione tra tutti i popoli: Gerusalemme, letteralmente «città di pace», costruita sul colle di Sion, è immagine della riconciliazione possibile tra tutti gli uomini e tutti i popoli. Sarà il venire di Dio a realizzare tutto questo; anzi, noi oggi potremmo dire: è stato ed è il venire di Dio a compiere questo dono, a renderlo riconoscibile, percorribile, abitabile. Perché la pace rimane, sempre, tanto un dono quanto un compito: c’è qualcosa da accogliere e c’è qualcosa da adempiere; c’è una grazia insuperabile e c’è una responsabilità inderogabile. Celebrare il Natale ci conduce tanto alla riconoscenza per un dono che ci è consegnato, quanto a farci carico dei percorsi che dobbiamo saper intraprendere con decisione, perché la luce brilli, perché la pace regni, per noi e per tutti. Non si tratta solamente di qualcosa che investe la nostra personale spiritualità, ma un compito che ci investe insieme, tutti figli di Dio.
Preghiamo
La tua salvezza, o Dio onnipotente, che ci è apparsa
nell’ora del Natale di Cristo come luce inattesa nel cielo
notturno, illumini e rinnovi il nostro cuore.
Per Cristo nostro Signore.
dalla liturgia del giorno