Ger 31,15-18.20; Sal 123; Rm 8,14-21; Mt 2,13b-18
«“Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza”. Oracolo del Signore». Ger 31,20
È difficile tenere insieme la fiducia nel Dio che salva, di fronte alle tragedie che vediamo abitare continuamente nei nostri giorni. Il lamento e il pianto segnano spesso i nostri volti e intristiscono il nostro sguardo. Mentre la fede continua a spingerci oltre, suggerendoci l’ostinata certezza che Dio – nonostante tutto – continua ad avere cura di noi; anche se forse vorremmo poter vedere il suo affetto espresso in modo più riconoscibile. Eppure la fede può incidere sui nostri giorni, può cambiare il modo con cui affrontiamo le fatiche, può farci vedere l’invisibile, quello che sembra nascosto sotto il trono della gloria di Dio. Non avrebbe senso minimizzare il dolore, certamente; ma non dobbiamo nemmeno trascurare la forza che appartiene a chi osa guardare a Dio come a un padre o a una madre premurosi. Lasciamo che ci risuonino nella testa e nel cuore queste parole delle Scritture, per quanto le si possa sentire stridere con le cronache quotidiane: predilezione, ricordo, affetto, commozione, tenerezza… Così è Dio.
Preghiamo
A te grida, Signore, il dolore innocente.
Se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera.
dalla liturgia del giorno