Rt 1,15–2,3; Sal 51; Est 3,8–13; 4,17i-17z; Lc 1,19-25
«L’angelo disse a Zaccaria: “Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo”». Lc 1,19-20
Il Signore parla ancora. Ma forse non sappiamo tanto ascoltare, soprattutto forse ci fidiamo ben poco; e allora tutto il nostro agitarci, come Chiesa, come comunità cristiane, rischia di risultare come un grande e pesante silenzio, un mutismo che non sa più comunicare, non sa trasmettere, non sa farsi annuncio efficace. E allora si può solo aspettare che si compiano le promesse di Dio, quando lui – e non noi – mostrerà la veridicità e la consistenza della sua Parola, cui noi diamo troppo poco credito. Ma, forse, se riprendessimo fiducia, se il dirsi di Dio trovasse più credito nel nostro scegliere e agire, se ci fidassimo un poco meno delle nostre strutture e dei nostri collaudatissimi strumenti e provassimo a rimanere un poco più in ascolto…: allora forse anche il nostro tanto parlare potrebbe rivestirsi delle tinte vivaci e dell’avvincente novità dello Spirito di Dio. E saremmo più credibili. Ma, per grazia, la Parola di Dio continua comunque a rimanere credibile. E questo salverà il mondo.
Preghiamo
Ho sperato nel Signore,
ed egli mi ha ascoltato;
ecco: la nostra salvezza è vicina.
Ha dato ascolto al mio grido,
ha reso sicuri i miei passi.
dalla liturgia del giorno