Ger 17,19-26; Sal 14; Zc 10,10–11,3; Mt 21,23-27
«Se mi ascolterete sul serio – oracolo del Signore –, se non introdurrete nessun peso entro le porte di questa città in giorno di sabato e santificherete il giorno di sabato non eseguendo alcun lavoro…» Ger 17,24
La fede ebraica continua a custodire con grande intensità il valore del giorno del riposo, della “cessazione” da ogni attività, lo shabbat. È un richiamo perenne alla libertà dalla presunzione di avere in mano il mondo e la storia, perché non siamo noi, con la nostra frenesia, a garantire futuro al mondo. E non ne saremo comunque capaci se non sapremo recuperare con continuità il senso della gratitudine e della comunione che ci legano agli altri e al Creatore. Riposare per “togliere le mani” dal mondo e per recuperare con gioiosa serenità la festa di avere amici, parenti, persone care e la festa di riconoscere la Presenza che ci accompagna, il Dio che salva: solo con questa buona attitudine potremo alzare gli occhi e invocare il regno di Dio che viene; solo così potremo rivolgerci a Dio e chiamarlo Padre; solo così potremo invocarlo insieme chiamandolo nostro, in una fraternità che ci fa bene.
Preghiamo
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà.