«Come avviene che la grande civiltà muoia? Mi pare che risposta possa essere che, quando la società dimentica di camminare verso la luce e la verità, non ha più ragioni per vivere. La società muore non soltanto perché i nemici l’assediano e la colpiscono, ma perché non ha più desiderio di futuro e di custodire il suo patrimonio». È questo l’interrogativo con cui l’Arcivescovo suggerisce di guardare il “Capolavoro per Milano” 2024, la mostra inaugurata al Museo diocesano “Carlo Maria Martini”, con l’arrivo della splendida Adorazione dei Magi di Botticelli – databile intorno al 1475 e conservata alle Gallerie degli Uffizi a Firenze -, esposta fino al 2 febbraio 2025.
Una serata affollata in cui – prima della visita al suggestivo allestimento – hanno preso la parola l’Arcivescovo, monsignor Luca Bressan (vicario episcopale di settore e presidente della Fondazione Sant’Ambrogio) e Nadia Righi, direttrice del Museo e curatrice dell’iniziativa.
Un capolavoro che è anche un monito
«Questa abbondanza di particolari, di pezzi di pietra e di colonne che fanno da sfondo all’Adorazione, mi ha fatto nascere questa domanda – ha proseguito monsignor Delpini -. Il “Capolavoro per Milano”, infatti, avrebbe l’ambizione di essere non soltanto un’opera interessante con la possibilità di poter essere ammirata a Milano per un certo periodo, ma un messaggio per la città: un invito alla vigilanza. Chiediamoci che cosa tiene in piedi una città che continua a essere motivo per la voglia di vivere, di futuro, di costruire. Questa immagine ci dice che c’è un punto di riferimento, Gesù, una vita nuova che nasce e che è promettente, come sottolinea nella tavola, la presenza di un pavone, simbolo di vita eterna».
Dal riferimento alla scelta del pittore di ritrarre nei Magi e nel corteo alcuni dei più importanti rappresentanti della società fiorentina dell’epoca – anzitutto i membri della famiglia Medici, signori della città – l’Arcivescovo propone, così, una risposta all’interrogativo iniziale: «Tutti i sapienti, i Medici, artefici della grande civiltà fiorentina, vanno verso Gesù. Questa è la mia risposta: una società finisce e muore quando non ha più una ragione per vivere. Mi impressiona la distrazione nei volti di molte di queste figure. Anche la città è distratta, non concentrata sull’essenziale, ma l’allestimento di questo capolavoro è un invito a vivere, ad avere un fondamento per la speranza».
Milano: spera nel tuo futuro
Da qui il conclusivo appello alla metropoli di oggi: «Non dimenticare, Milano, la tua storia di fede, riconosci Gesù. Anche se sei il più sapiente della città, il più ricco, il più potente, non basti a te stesso. Ciò che tiene in piedi la città è la fede su cui è costruita. Il mio augurio è che tutti i visitatori che verranno al Museo, visitando l’opera, possano non soltanto apprezzare la raffinatezza di questo capolavoro, ma anche chiedersi perché muore una città e dove trovare un principio perché essa possa vivere e sperare il suo futuro».
Il progetto
Il ringraziamento, espresso dalla direttrice Righi, è ai molti studiosi impegnati nel progetto – co-curatrice della mostra e della Pittura del Quattrocento delle Gallerie degli Uffizi è Daniela Parenti -, e ai partners e sostenitori – il patrocinio e contributo sono di Regione Lombardia – che hanno reso possibile l’esposizione del “Capolavoro”, giunto alla sua sedicesima edizione, proposto con un allestimento suggestivo, un video introduttivo e anche percorsi didattici.
Fondazione Banca del Monte, che supporta l’iniziativa, per esempio, promuove la visita da parte dei più giovani (fino ai 25 anni), garantendo loro l’ingresso ridotto speciale a 4 euro ogni venerdì dalle 14 alle 18. Inoltre il progetto «Nessuno escluso», realizzato grazie al contributo di Fondazione Alia Falck e in collaborazione con Consulta Diocesana Comunità Cristiana e Disabilità, rende il dipinto accessibile in quattro diversi linguaggi: Caa (Comunicazione Aumentativa Alternativa), DescriVedendo, Easy to read e Lis (Lingua dei Segni italiana). Senza dimenticare la felice coincidenza della collocazione del Museo nel complesso della Basilica di Sant’Eustorgio e il suo legame con i Magi di cui conserva alcune reliquie.
Il Natale per superare le tragedie del nostro tempo
Dalle tante e diverse forze messe in campo si avvia la riflessione di monsignor Luca Bressan: «Non possiamo sprecare questo coagulo di energia. Davanti ai segni di morte che ci circondano ogni giorno con le guerre e i fatti di cronaca, questa Adorazione pare persino troppo bella e perfetta, ma le rovine che circondano la scena ci servono per mettere a fuoco la concentrazione di Maria sul Figlio. Maria che ha scelto la parte migliore, come dice il Vangelo di Luca. Se anche noi ci concentrassimo sulla parte migliore e il “Capolavoro” servisse per questo, il Museo avrebbe raggiunto il suo scopo. Anche quest’anno il Natale dimostra che il Signore non si stanca del mondo e il regalo più bello che la fede ci può fare è dare questa speranza. Noi, che ci siamo scoperti orfani in seguito alle tragedie che respiriamo in questi giorni, siamo così invitati a riscoprire il dono del Natale: riconoscerci a nostra volta figli nel Figlio».
L’opera
«Con questa opera – ha sottolineato da parte sua Nadia Righi – siamo in una Firenze non del primo Rinascimento, ma del secondo Quattrocento e Botticelli attraversa il grande cambiamento che è a cavallo tra questo secolo e il successivo. Inizia a emergere la linea, il disegno particolarmente elegante che però ora suggerisce un dinamismo delle figure nello spazio, che rimane il protagonista. La ricchezza cromatica della scena, ricca di una quarantina di personaggi, quasi tutti riconoscibili all’epoca, fece scalpore già ai tempi, tanto che Vasari definì l’Adorazione “opera certo mirabilissima, e per colorito, per disegno e per componimento ridotta sì bella, che ogni artefice ne resta oggi maravigliato. Et allora gli arrecò in Fiorenza e fuori tanta fama, che Papa Sisto IIII, avendo fatto fabbricare la cappella in palazzo di Roma e volendola dipignere, ordinò ch’egli ne divenisse capo”».
La tavola, realizzata intorno al 1475 per la Cappella dedicata ai Magi nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, venne commissionata dal ricco uomo d’affari Gaspare da Lama. Quando la caduta in disgrazia del committente portò all’abbandono della cappella, l’Adorazione dei Magi entrò nella collezione della famiglia dei Medici e venne esposta agli Uffizi dal 1796. Evidente il tema, scelto sia per ragioni legate al nome del committente, Gaspare, sia per rendere omaggio ai Medici, ferventi sostenitori della Compagnia dei Magi con sede nel Convento di San Marco a Firenze.
Non un manifesto di propaganda
Insomma, un’opera da subito apprezzatissima che, tuttavia (anche se sarebbe facile leggerla in questa logica), non si riduce solo «a un manifesto politico o di propaganda» per l’evidente richiamo ai Medici, anche se nella tavola appaiono, tra gli altri, Lorenzo il Magnifico, il fratello Giuliano, mentre Cosimo il Vecchio (detto Pater patriae), ormai morto da tempo, è il Re anziano che si avvicina al Bambino, ma che dice molto di più: «Tanto che proprio Cosimo si inginocchia e il suo atteggiamento è di evidente devozione ed emozione, compiendo un gesto di assoluto rispetto: egli non tocca il piede con la propria mano, ma frappone tra essa e Gesù un velo ricamato, che richiama quando, nelle solenni benedizioni eucaristiche, il sacerdote non tocca con le mani l’ostensorio, ma lo sorregge utilizzando un paramento liturgico, detto velo omerale».