«Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi e rendere grazie al Signore». Le parole che l’Arcivescovo scandisce durante il rito della «trasmigratio», dopo aver battuto con un martelletto sul portale centrale della Cattedrale, simboleggiano tutta la solennità del Pontificale, da lui presieduto, che si celebra nella festa della Dedicazione del Duomo, Chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani, ogni terza domenica di ottobre.
La Dedicazione: una solennità che parla di storia
Una data precisa, quella della III di ottobre, che affonda le sue radici in una vicenda storica antica di 1500 anni, perdurando dal 452, quando venne riconsacrata l’allora «ecclesia maior» devastata dagli Unni, e che si è arricchita dall’anno scorso del rito, anch’esso plurisecolare, della «tramigratio» (sospeso dagli anni ’70 del secolo scorso) a segnare il passaggio da una basilica all’altra dell’antico complesso composto da Santa Maria Maggiore, che sorgeva al posto dell’odierna Cattedrale, e Santa Tecla, che occupava l’area dell’attuale piazza Duomo. Passaggio riproposto simbolicamente come invito a entrare nella «casa» di tutti i fedeli ambrosiani, così come fanno, precedendo il vescovo Mario, i Canonici del Capitolo metropolitano, i rappresentati delle Confraternite diocesane e dell’Arciconfraternita del Duomo, degli Ordini di Malta e del Santo Sepolcro, i membri dei Consigli pastorali parrocchiali, di Cp e dei Consigli per gli Affari economici eletti lo scorso 26 maggio e invitati specificamente per l’occasione.
Una coralità di ruoli e voci – nel vero senso della parola, considerando la presenza anche di 200 coristi appartenenti a 26 Corali delle diverse zone della Diocesi che animano la liturgia unitamente alla Cappella musicale del Duomo – che ben racconta la ricchezza di responsabilità e di carismi della e nella Chiesa ambrosiana. Come ricorda l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo con un’espressione pronunciata il 18 ottobre 1958, dall’allora arcivescovo Giovanni Battista Montini: «Dai secoli, dalle tombe, da tutta la città e dalla terra che ci circonda sale a Dio, da noi oggi cantato, l’inno della fede ambrosiana». Vengono anche ricordati, come ogni anno, gli anniversari significativi relativi ai Canonici. Il 60esimo di Messa dei monsignori Meana e Nason, il 50esimo dei monsignori Ballarini e Vajani, il 25° di monsignor Giuliani, e i 95 anni del Primicerio del Capitolo, monsignor Angelo Mascheroni, decano dei vescovi lombardi.
Consiglieri pastorali fieri di esserlo
Dagli immaginari signor Antonio e signora Rosa, figure emblematiche di chi si impegna nei Consigli pastorali o, semplicemente, nella vita quotidiana della propria parrocchia, si avvia l’omelia del vescovo Mario. «Ecco come sono i discepoli, ecco come i consiglieri dei Consigli pastorali e degli Affari economici devono vivere il loro servizio: gente che si lascia incantare dall’opera di Dio. La vita della comunità non è un conto corrente che si stenta a tenere in equilibrio, ma è l’opera di Dio che continua a incoraggiare la sua Chiesa per la missione di seminare speranza. Ai consiglieri non si chiede di accanirsi in discussioni, di esagerare in iniziative, di rassegnarsi alla monotonia all’ordinario, si chiede che si lascino incantare per lo stupore delle opere di Dio come chi si incanta davanti alla bellezza di questo Duomo. Dobbiamo essere capaci di incantarci di fronte alle opere di Dio nelle nostre comunità. Ecco come si presta un servizio nella Chiesa: fieri di una chiamata, con l’umile disponibilità alla missione, pronti a servire e sorpresi per l’incarico inaspettato. Il Pastore conosce le sue pecore, e le pecore riconoscono il Pastore. La Chiesa, che siamo noi, è una comunità di uomini e donne che non si sottraggono alla responsabilità di edificare il regno di Dio. Così sono anche quelli che sono chiamati alla responsabilità di consiglieri: non presumono di essere i migliori, non hanno la pretesa di averlo meritato, ma la chiamata li riempie di fierezza».
Per questo dicono il loro «eccomi» con gioia.
«Ecco che cosa si chiede ai consiglieri delle attività pastorali, di essere disponibili alla gioia che il Signore Gesù dona ai suoi amici. Uomini e donne contenti di essere in amicizia con Gesù si metteranno all’opera per costruire il presente e futuro delle comunità e la loro costruzione resisterà alla prova del fuoco».
E quanto stiano a cuore all’Arcivescovo, e a coloro che guidano la nostra Diocesi, i Consigli si è reso evidente nella conclusione dell’omelia, in cui monsignor Delpini ha richiamato i percorsi sinodali che sta vivendo la Chiesa ambrosiana.
Siamo Chiesa dalle Genti
«Nella Proposta pastorale che è stata consegnata per questo Anno pastorale, intitolata Basta. L’amore che salva e il male insopportabile, abbiamo fatto memoria di alcune scelte che hanno guidato il nostro cammino e danno volto alla nostra Chiesa diocesana. E abbiamo ricordato che siamo Chiesa dalle Genti, che assume un volto nuovo, perché accoglie il dono di tutti coloro che abitano in questo territorio e che vengono qui da ogni parte della terra. Abbiamo ricordato che siamo presenti sul territorio con una Pastorale di insieme che, nelle Comunità pastorali e nei Decanati, si attua nel modo più ordinario e riconoscibile, con quello stile sinodale che deve caratterizzare i consigli pastorali e le assemblee sinodali decanali e abbiamo ricordato la condivisione delle responsabilità nell’edificazione della comunità, nella testimonianza e nella missione quotidiana, secondo il ruolo e la responsabilità di ciascuno. Credo che ogni consigliere debba riprendere queste pagine per riconoscere la Chiesa che siamo e che il Signore vuole: Chiesa dalle Genti, Chiesa sinodale, Chiesa presente nel territorio con una partecipazione corresponsabile, con l’animo incantato dallo stupore, fiero della chiamata e disponibile alla gioia».
Infine, dopo la benedizione, l’avvio del mandato ai consiglieri, rappresentato da un pieghevole contenente una preghiera composta dal vescovo Mario – «che vorrei fosse letta all’inizio di ogni vostro incontro», dice – consegnata, ai piedi dell’altare maggiore, da lui stesso, dal vicario generale e dal presidente dell’Azione cattolica ambrosiana, Gianni Borsa.