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Intervento

Mattarella all’Ambrosianeum: «Milano ha il cuore in mano, un’integrazione su cui ha basato il proprio sviluppo»

Il presidente della Repubblica è intervenuto all'evento organizzato dal Centro orientamento immigrati - Associazione Franco Verga per i suoi 60 anni di attività. Presenti tra gli altri il vicario generale mons. Franco Agnesi e il sindaco Giuseppe Sala. Pubblichiamo il testo integrale

15 Ottobre 2024
foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Lunedì 14 ottobre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è intervenuto alla Fondazione Ambrosianeum di Milano, in occasione di un evento del Centro orientamento immigrati – Associazione Franco Verga. Pubblichiamo il testo integrale del suo discorso.

«Quanto abbiamo ascoltato fa ricordare una storia straordinaria di crescita e integrazione di Milano, sviluppatasi a cavallo degli anni ‘60 del secolo scorso. Una vicenda che si lega strettamente con quelle di oggi, con quanto ci rammentava il presidente di Cariplo. Il proposito di rendere più coesa la nostra società «sostenendo la creazione di valore condiviso, intervenendo sulle disuguaglianze». Forse, dovremmo dire una vicenda che riflette l’anima milanese profonda, quella della generosità, della solidarietà, dei diritti. Perché, signor sindaco, so che questa è Milano.

La città della Società Umanitaria, della Tazzinetta Benefica, del Pane Quotidiano, dell’Opera cardinal Ferrari. Iniziative radicate, molte, addirittura, alla fine dell’Ottocento. Altre, come i City Angels, frutto della contemporaneità.

Si usa dire che “Milan la ga el cor an man”. Per coloro – come me – che non sono milanesi: che Milano ha il cuore in mano, per dire della capacità di integrazione progressiva su cui ha basato anche il proprio sviluppo: la laboriosità dell’immigrazione veneta, l’esodo giuliano-dalmata, l’ondata migratoria dal Meridione. Tutti hanno contribuito alla crescita e al progresso di Milano.

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Nell’ex triangolo industriale tutte le città recano i segni della industrializzazione e dell’immigrazione. Ma non sono i manufatti, non sono gli edifici a fare una città. Sono le persone.

La storia italiana è fatta di emigrazione e di immigrazione. Trenta milioni gli italiani partiti per l’estero tra l’unità d’Italia e il secolo scorso. Sei milioni, ora, quelli che vivono stabilmente all’estero. Oltre un milione e 300 mila gli italiani che si trasferirono dal Sud al Nord negli anni ‘60. In dieci anni – dal 1951 al 1961 – 300 mila nella sola Milano.

Non senza tensioni, in quella che fu una contrapposizione (che oggi appare incomprensibile e ormai consegnata alla cronaca di quegli anni) tra nuovi arrivati e antichi residenti e, invece, anche un dialogo fecondo nelle periferie urbane tra vecchi e nuovi milanesi, tra immigrati e ambiti sociali popolari, spesso espulsi dai centri storici che avevano abitato.

Gli immigrati, nel capoluogo lombardo, hanno contribuito a farne la storia. E, in essa, una parte è toccata al Centro Orientamento Immigrati, al COI, ora Associazione Franco Verga (https://www.associazioneverga.org/), frutto di intuizione, di analisi e di riflessione lungimiranti e mature. Il boom economico svuotava le campagne – toccò a Cremona, a Mantova, in Lombardia – per poi sollecitare aree ben più remote del Paese. Fu il momento delle “Coree” alle periferie della città, nella cintura di centri urbani sin lì assopiti. Di imponenti iniziative di edilizia popolare che avrebbero cambiato la fisionomia di Milano. E Milano, a lungo, ha avuto un apposito Assessorato all’Edilizia popolare, per affrontare la crisi delle abitazioni.

foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Com’è naturale, nuovi arrivi significano nuova dinamica sociale. Le città hanno sempre richiamato nuove energie, dinamismo e innovazione. Già il primo censimento del neonato Regno d’Italia, nel 1861, registrava che metà dei residenti a Milano non era nata in città. Una nuova dinamica sollecitava partecipazione. Sorgono così, nel capoluogo lombardo come in altre città, i comitati spontanei di quartiere, per affrontare i problemi quotidiani, sollecitare le autorità alla loro soluzione.

La politica del decentramento di servizi prende piede sino alla successiva esperienza dei Consigli di Quartiere, oggi Municipi. Il fervore di partecipazione negli anni ‘60 è contagioso, sorgono centri sociali, circoli culturali. Si susseguono indagini sociologiche. Le realtà periferiche, densamente popolate, reclamano di divenire protagoniste. Un contesto in cui, naturalmente, si muovono le forze politiche, le istituzioni, per dare risposte.

E tocca a un gruppo di giovani, raccolti intorno alla figura di un deputato, Franco Verga (giovane anch’egli) rendere concreta la percezione di uno dei fondatori del COI, Giancarlo Moretti (figura di quegli anni ingiustamente trascurata) anche lui espressione di una periferia, quella del Corvetto – o della Gamboloita, come si chiamava in origine quella zona – che si era reso conto che ciò che occorreva non era una ulteriore iniziativa caritatevole che si aggiungesse alle altre, bensì uno strumento di integrazione. Questo lo scopo del Centro Orientamento Immigrati. Offrire strumenti per l’alfabetizzazione degli immigrati, per sostenerli nella ricerca di una casa e di un lavoro.

In questa sala ci sono ancora alcuni dei fondatori, nel 1963, di quello che, all’origine, era un centro studi sui problemi degli immigrati, per divenire poi uno straordinario esempio di spinta all’integrazione. Vanno ricordati Gianpietro Lecchi e Sandro Bertoja e quanti altri, come Mario Milani hanno poi accompagnato negli anni l’esperienza.

Ascoltare don Mapelli ricordare che, oggi, «insegnare la lingua e la cultura italiana, accompagnare i giovani e gli adulti che arrivano sul nostro territorio a divenire cittadini significa costruire insieme la città», riporta a quei tempi. Ai corsi di alfabetizzazione organizzati nel 1964 dal COI. Sì, perché, all’epoca, questa era la condizione in cui si trovavano troppo spesso i migranti.

foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

E bene fanno – presidente Azzone – la Fondazione Cariplo e l’Acri a operare nella direzione di costruire cittadinanza. Franco Verga è – egli stesso – emblematico del dopoguerra a Milano. La biografia a lui dedicata da Vincenzo La Russa offre alcuni spunti.

Dove nasce Verga? In una povera famiglia inurbata. Cresce nel fecondo ambiente cattolico ambrosiano. Persegue una vocazione religiosa. Troverà realizzazione nell’impegno politico che generosamente svilupperà. Dal seminario ai corsi di formazione del partito cui aderirà, la Democrazia cristiana, cui dedicherà la sua vita. C’è chi testimonia che decisivo fu uno di questi appuntamenti, ad Alagna Valsesia. Una personalità impetuosa, come tutti riconosceranno, che sarà decisiva nel cambiare l’approccio alla questione immigrazione nell’intera area metropolitana milanese.

Un’attività che merita che egli venga annoverato tra i milanesi illustri. E bene ha fatto la Civica amministrazione a intitolare alla sua memoria il Parco di Quarto Oggiaro. Un altro quartiere in cui venne messa alla prova la preziosa opera di integrazione avviata da una pattuglia di benemeriti guidata da Antonio Iosa, immigrato dalla Puglia, fondatore del Circolo Carlo Perini. Iosa sarebbe stato “gambizzato” – parola orrenda – dai brigatisti, per la sua attività, insieme a Nadir Tedeschi – immigrato polesano – Emilio Del Buono, Eros Robbiani.

Ma Milano seppe superare anche il terrorismo. Si deve essere davvero lieti di constatare che “la fabbrica dei milanesi” non è ferma. L’impegno per la coesione sociale, l’accoglienza, il progresso, l’integrazione, il divenire della cittadinanza, è attività permanente. La circostanza che, a oltre 60 anni dalla fondazione, quel seme gettato continui a fruttificare ci parla di una buona causa: quella che vede al centro le persone.

Oggi gli immigrati sono altri, come ha illustrato il presidente Lino Duilio. «Nuovi sguardi, altre voci», li avete chiamati. Non vengono più dal Mezzogiorno d’Italia ma da più lontano, da Paesi europei come l’Ucraina, aggredita da una guerra insensata, dai Balcani. Da altri continenti, gravati anch’essi da condizioni insostenibili. Altri sono anche gli attori di un lavoro prezioso che tende a inverare gli obiettivi di solidarietà che la Carta costituzionale ha posto alle basi della nostra convivenza. Un lavoro, il vostro, per la Repubblica. E di questo vi ringrazio».

foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica