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L’Arcivescovo agli sportivi: «Abbiate cura degli altri e del mondo»

Dopo «eccellenza» e «amicizia», il «rispetto» - che è uno «sguardo», uno «stile» e un «modo di stare al mondo» - è il valore che monsignor Delpini ha messo al centro della sua Lettera annuale, presentata il 14 ottobre in occasione dell’incontro diocesano ad Abbiategrasso

di monsignor Mario DELPINI Arcivescovo di Milano

15 Ottobre 2024
L'Arcivescovo al Csi Day in piazza Duomo lo scorso 14 settembre (foto Agenzia Fotogramma)

Amici e amiche dello sport,

anzitutto lo sguardo: ecco a che cosa si riferisce il valore olimpico che voglio raccomandarvi quest’anno… Respect.

Il rispetto è infatti un modo di guardare che riconosce nell’altro e nell’altra la dignità di persona unica, inviolabile, meritevole di stima, promessa di incontro e di buone relazioni.

Essere sportivi, infatti, significa uno sguardo che si sottrae a molte tentazioni.

Resiste, infatti, alla tentazione di guardare gli altri solo come avversari da battere o da temere: in realtà sono atleti, uomini e donne, che la sfida ha convocato per misurare le forze e l’abilità, portano con sé voglia di vivere, storie interessanti, pensieri e lacrime: sono persone.

L’atleta che pratica quello sguardo che è «rispetto» evita di fermarsi al difetto che si può notare negli altri, compagni di squadra e avversari: non si sente autorizzato a imporre una etichetta (piccolo, grasso, straniero, ecc), tanto meno nella pratica di sport paraolimpici. Un atleta con disabilità merita uno sguardo rispettoso e di ammirazione: dimostrerà quanto vale, non quanto gli manca. E si vedrà con quale grinta e passione consegue i risultati.

L’atleta che guarda con rispetto custodisce uno sguardo casto, non si lascia trascinare da un fantasticare possessivo: la divisa sportiva non è per esibire un corpo da possedere, ma per rendere agili nelle prestazioni.

Gesù insiste molto sullo sguardo malizioso che vede la pagliuzza nell’altro e non s’accorge della trave, guarda alla donna altrui e commette adulterio nel suo cuore, passa vicino all’altro e non s’accorge che ha bisogno di aiuto, guarda il comportamento degli altri per giudicare e condannare. Gesù insegna lo sguardo del rispetto.

Respect, cioè il rispetto, è uno stile, nella pratica sportiva e nella vita. L’atleta che si comporta con rispetto si allena alla fortezza senza essere prepotente, si esercita per essere determinato senza essere aggressivo, cerca con impegno il risultato senza essere scorretto, affronta con decisione l’avversario senza essere cattivo, si impegna a vincere senza fare del male.

Lo stile del rispetto è frutto di una disciplina che sa gestire le proprie energie con la consapevolezza della propria forza e della propria debolezza. Sa anche che ci sono limiti in cui deve contenersi. L’allenatore ha la responsabilità di educare a questa disciplina dello stile che insegna le regole e impone che siano osservate, non solo per attenzione alle regole per evitare penalità, ma per attenzione alle persone per evitare di fare danni.

Gesù condanna il servo che ha ricevuto l’incarico di custodire la casa e poi approfitta della mancanza del padrone di casa: «Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente» (Lc 12, 45-46).

Respect, cioè il rispetto, è un modo di stare al mondo. L’atleta che pratica il rispetto ha cura dell’ambiente in cui si trova, sa ringraziare chi si cura della manutenzione del campo, degli spogliatoi, delle attrezzature sportive. Ama l’ordine. È attento a non rovinare quello che usa. Se provoca involontariamente un danno si premura di riparare e risarcire.

L’atleta che ha imparato a praticare il rispetto abita il mondo con la responsabilità di custodirne la bellezza, la bontà, l’abitabilità. Ammira le cose belle fatte dall’uomo e le bellezze della natura. Non è così concentrato sulla gara da non accorgersi del panorama che può gustare. Non è così irresponsabile da inquinare, sporcare, rovinare.

Gesù ha insegnato a contemplare la natura per trarne parole di Vangelo: «Guardate i corvi: non seminano e non mietono… Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano… Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede». (Lc 12, 24ss).

Mi piacerebbe che tutti gli atleti, di qualsiasi età e di qualsiasi sport, possano essere persone che, proprio per il fatto di essere sportive, diventano persone migliori, con l’obiettivo alto di costruire una città che incarni lo spirito delle olimpiadi e assomigli a un nuovo villaggio olimpico, dove i valori prendono forma nella vita delle persone e nei loro gesti: si curano infatti di sé per dare il meglio nello sport e nella vita (excellence, eccellenza), sono attenti a costruire buone relazioni con gli altri (friendship, amicizia), si prendono la responsabilità di aver cura degli altri e del mondo (respect).

Avanti, quindi! Forza! Coraggio! Con entusiasmo: le Olimpiadi si avvicinano!

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