Ger 2,1-2a.12-22; Sal 73; Am 8,9-12; Mt 9,16-17
«Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua. Israele è forse uno schiavo, o è nato servo in casa?» Ger 2,13-14a
Il profeta Geremia riporta al suo popolo e a noi questo lamento del Signore, incredulo di fronte all’insensatezza miope delle scelte del suo popolo. Spesso ci comportiamo come se ci mancasse la libertà, come schiavi, come quei servi che non hanno mai potuto vedere altro che la loro dipendenza da un padrone per tutta la loro vita. Perché ci leghiamo, in modo così facile e indissolubilmente, a ideologie, mode, abitudini che disperdono invece di trattenere, che assetano invece di dissetare, che alimentano rissosità e opposizione invece di costruire comunione e pace? Perché ci è così difficile, a volte, prendere posizione con coraggio e libertà, abbandonando il timore di apparire poco omologati? È sempre fuori luogo ritrovarsi “voce fuori dal coro”? Il Signore, attraverso la voce di Geremia, invita il suo popolo a riscattarsi dall’adeguamento accomodante, a riprendere con vigore le scelte dell’Alleanza con Dio, a non temere l’isolamento, a cercare ostinatamente il bene con libertà, coraggiosamente; e a ciò invita ancora noi oggi.
Preghiamo
O Dio, perché ci respingi per sempre?
Ricordati della comunità
che ti sei acquistata nei tempi antichi.
dalla liturgia del giorno