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Verso il Giubileo

Un popolo di giovani pellegrino per la pace

Oltre 350 partecipanti all’itinerario proposto dal Servizio diocesano e dal Seminario: a piedi da Sotto il Monte alla Madonna del Bosco di Imbersago per la preghiera finale con l’Arcivescovo

di Letizia GUALDONI

7 Ottobre 2024

Il mondo ha bisogno di pace. Lo ripetiamo, in questi giorni forse più di altri, unendoci alle iniziative di preghiera, sollecitate da papa Francesco, legate al primo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele, con il pensiero a tutte le guerre e le sofferenze che affliggono il pianeta.

È necessario aderirvi sentitamente. Per non rischiare di ridursi, come ha affermato l’arcivescovo Mario Delpini sabato 5 ottobre, nel momento conclusivo del pellegrinaggio diocesano dei giovani “Regina della pace”, alle «chiacchiere della pace», reazioni di un momento che si esprimono «con i punti esclamativi», e dicono, parlando dei particolari delle cronache come si assiste a un terribile spettacolo: «Guarda cosa succede! Ma hai visto cosa è successo là, quanti morti lì, e le immagini delle distruzioni dall’altra parte! Ma che terribile cosa! Le chiacchiere della pace sono spesso delle grida, delle accuse, degli insulti rivolti a questo o a quello. Le chiacchiere della pace sono delle grida che pretendono che qualcuno faccia qualcosa… e se ne stanno lì, nel salotto a chiacchierare».

A Sotto il Monte

Sulle orme di San Giovanni XXIII

Significativo allora il pellegrinaggio a piedi, da Sotto il Monte al Santuario giubilare della Madonna del Bosco, in occasione della ricorrenza della Madonna del Rosario, per affidarsi a Maria “Regina della Pace”, appellativo spesso utilizzato da papa Giovanni XXIII per rivolgersi alla Madonna, consapevole, come scrive in una sua bellissima preghiera, che «non di guerre vittoriose, o di popoli sconfitti il mondo ha bisogno, ma di pace feconda e rasserenatrice: di questo ha bisogno, e questo da te invoca a gran voce». Oltre 350 i 18/19enni e i giovani che da varie zone della Diocesi hanno partecipato, insieme agli educatori e alle educatrici, all’iniziativa organizzata dal Servizio per i Giovani e l’Università in collaborazione con il Seminario Arcivescovile di Milano, radunandosi, nel pomeriggio, alla Casa del pellegrino, per poi incontrare la spiritualità del papa San Giovanni XXIII, nei luoghi visitati, la casa natale e Ca’ Maitino.

Alcuni testi tratti dall’enciclica Pacem in terris sono stati letti nel Giardino della pace, nella preghiera che li ha messi in cammino come “pellegrini testimoni di speranza”: prima tappa verso il Giubileo dei giovani che li porterà a Roma, nel 2025, per incontrarsi con migliaia di coetanei provenienti da tutto il mondo.

Due le parole che, per il rettore del Seminario diocesano don Enrico Castagna, lo stesso san Giovanni XXIII può ancora consegnare: vocazione e missione. «Vocazione: qui, in questo contesto, che a fine ‘800 era un contesto rurale, ha vissuto un ragazzo che ha fatto sua profondamente una visione di vita, che ha interiorizzato il fatto che la vita è vocazione. Ciascuno è importante e prezioso perché Dio ci ha a cuore. A questa percezione egli fu sempre fedele. E se è vocazione è anche missione. Ciascuno di noi è chiamato in risposta a questo amore a rinvenire quale sarà la via di servizio, la missione che è proprio la mia missione, il mio compito». A vocazione e missione si può unire la parola santità: «La santità è il fatto che si va a fondo con il rapporto con la sorgente, vivere la vita come vocazione, e si va fondo nel desiderio di fare della nostra vita un dono, metterla a servizio là dove saremo chiamati».

L’arrivo in serata alla Madonna del Bosco

In cammino con il Rosario

È iniziato dunque il cammino, recitando il Rosario a piccoli gruppi, e affidando a Maria le intenzioni di preghiera in particolare per la pace nel mondo, le missioni e le vocazioni, accompagnati dai seminaristi diocesani e del Pime. Un passo dopo l’altro, mentre il sole tramontava lasciando il posto alla notte, si sono percorsi circa 12 chilometri, fino a Paderno d’Adda, per poi proseguire lungo il sentiero che costeggia le sponde del fiume omonimo. Arrivati al traghetto di Leonardo a Imbersago, una piccola sosta per consumare la cena al sacco prima di incamminarsi nuovamente, con le torce a squarciare il buio della notte, fino al Santuario Giubilare della Madonna del Bosco, per la preghiera finale, dove li attendeva l’Arcivescovo.

Tre parole di pace

Giunti alla meta della scalinata del Santuario, i giovani hanno acceso una piccola candela, posta poi sui gradini, a illuminarla tutta, l’ultimo segno, personale e silenzioso, che li ha condotti al momento dell’adorazione eucaristica, con possibilità di accostarsi al sacramento della riconciliazione, e alla recita della compieta.

In preghiera con l’Arcivescovo

Sentendosi chiamati a scegliere, con le parole dell’Arcivescovo, se essere le chiacchiere della pace o il popolo della pace. «Io credo che il Signore vi chiami a essere il popolo della pace, voi, tutti, chiamati ad essere operatori di pace, perché siete figli di Dio. Come si forma il popolo della pace? Vorrei dire tre cose. La prima è che “la pace la riceviamo dal Signore”. Tutta la buona volontà degli uomini e delle donne non è capace di costruire la pace. Penso che noi dobbiamo imparare a pregare, non per chiedere a Dio di far la pace, ma per ricevere il dono di Dio che ci rende operatori di pace. La prima parola è questa: la pace la invochiamo come dono di Dio. La seconda parola è: “appartenenza, popolo”. Noi dobbiamo essere uniti. Uno da solo non fa niente, può anche scrivere dei messaggi, ardere di un desiderio, può anche fare qualche gesto eroico… ma uno da solo non fa niente, noi dobbiamo essere uniti, sentire l’appartenenza al popolo della pace. La terza parola che voglio dire forse si può chiamare “responsabilità”. La pace richiede cioè un mettere in gioco se stessi, un sentire che abbiamo una responsabilità per costruire la pace, che non è soltanto che finiscano le guerre ma è la condizione in cui si rende desiderabile vivere qui su questo territorio come in tutti i Paesi del mondo. La responsabilità vuol dire rispondere al Signore che ci chiama, vuol dire che la pace è la risposta a una vocazione e perciò ciascuno deve sentire che deve impegnarsi nel suo ambito per essere operatore di pace. Ecco, io vorrei incoraggiarvi a desiderare di essere il popolo della pace, senza tante chiacchiere, senza tanti punti esclamativi, ma così, nella serietà, e vivere queste tre parole. Ricevere lo Spirito, la preghiera, la disponibilità alla grazia, come prima parola, poi la seconda parola, essere un popolo, e infine la terza parola, per vivere la propria vocazione con responsabilità, rispondendo al Signore che ci chiama, perché tutti i nostri talenti siano spesi per il bene di tutti».