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Un popolo nuovo percorre il deserto in cammino verso la terra promessa

Centenario Chiesa parrocchiale, Busto Arsizio, Parrocchia San Michele Arc. - 6 ottobre 2024

6 Ottobre 2024

1. Gente rassegnata al declino?

Un popolo, una civiltà rassegnata al declino, celebra gli anniversari come ricorrenze propizie per la nostalgia, per guardare indietro e ricordare le grandi cose compiute. La gente rassegnata al declino coltiva memoria grata delle persone da cui ha ricevuto tanto bene e si rammarica che oggi persone così non ce ne siano più: “i preti di una volta, le famiglie di una volta”. La gente rassegnata al declino calcola con stupore incredulo quanto numerose fossero una volta le presenze e quale fervore e ardore ci fossero nella partecipazione alla vita comune.

Sembra di incontrare dappertutto gente rassegnata al declino. Forse respira l’aria che tira: i numeri diminuiscono, non c’è traccia di entusiasmo, i discorsi sono spesso lamenti e stimoli sul “si dovrebbe”, “dobbiamo”, c’è in sentimento diffuso di non riuscire, di essere caricati di pesi insostenibili, mentre “siamo sempre quelli, sempre di meno, sempre più vecchi”.

La gente rassegnata al declino ricorda volentieri “come eravamo…!”.

 

2. Un popolo ispirato dalla promessa.

Coloro che credono nel Signore e ascoltano la sua parola, anche tra gente rassegnata al declino, formano un popolo nuovo, un popolo ispirato dalla promessa rivelata dal Signore Gesù che annuncia il Regno che viene. Il popolo ispirato dalla promessa prega tutti i giorni e sospira il compimento: venga il tuo regno!”.

Come vive il popolo ispirato dalla promessa del Regno?

La parola di Dio proclamata in questa celebrazione eucaristica suggerisce tre parola per ispirare la vita di coloro che hanno ricevuto e creduto nella promessa

 

3. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Ecco: anzitutto l’opera di Dio. La superficialità sbrigativa di chi vive di impressioni, l’ottusità ingenua di chi vede solo quello che ti fanno vedere, la presunzione disperata di chi pensa di essere il salvatore di sé stesso, molti fattori inducono a pensare senza Dio, ad agire senza Dio, a impegnarsi senza Dio, a progettare e decidere senza Dio.

Il popolo credente, invece, vive perché è reso partecipe della vita di Dio, rimane unito a Gesù, perché senza di lui non può fare nulla: non può pensare, non può sperare, non può amare.

Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù. Desideriamo che venga il Regno di Dio perché crediamo alla promessa di Gesù; pratichiamo il comandamento di Gesù perché professiamo la nostra fede in lui, via, verità e vita.

Chi dimora in Gesù dimora nello stupore, canta il cantico della riconoscenza e della lode, ascolta con docile intelligenza la parola di Gesù, è animato da speranza invincibile e da una lieta e sapiente fiducia.

Stupore, riconoscenza, ascolto, speranza, fiducia.

 

4. Preparati per camminare nelle opere buone.

E poi la stima di sé. I discepoli contrastano la tendenza dei buoni a considerarsi incapaci, inadeguati, a vivere frustrati e mortificati dai risultati insoddisfacenti. I discepoli lasciano il giudizio al Signore, e continuano a compiere le opere buone stabilite da Dio con la fierezza di essere abilitati a portare a compimento la nostra vocazione con l’aiuto dello Spirito di Dio.

Insieme con la tendenza alla presunzione, si diffonde la tendenza alla rassegnazione: “Non siamo capaci, non siamo abbastanza, le forze del male sono troppo, troppo potenti …”

Ci sono discepoli che si rassegnano. Si rassegnano all’allontanarsi di molti da una visione di fede, si rassegnano alla guerra, si rassegnano al fallimento dell’opera educativa, si rassegnano a tutte le forme di dipendenza e schiavitù umilianti per gli uomini e le donne.

Ma noi siamo preparati per ogni opera buona. Non per il successo, ma per la semina. Siamo stati preparati dall’opera di Dio, possiamo esserne fieri, possiamo avere stima di noi stessi.

 

5. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo

E il frutto della fraternità. Il sangue di Cristo stabilisce la nuova alleanza, raduna il popolo disperso, fa dei molti una cosa sola. I discepoli sono la profezia della volontà di Dio, Padre di tutti, che vuole che tutti i suoi figli siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. In un contesto in cui l’individualismo isola e molti semi di inimicizia dividono i popoli e generano tragiche guerre, i discepoli costruiscono comunità, non considerano nessuno lontano o straniero, cercano la comunione, costruiscono la “Chiesa dalle genti”.

 

Non possiamo quindi celebrare un centenario come gente rassegnata al declino, ma come discepoli che sono in missione in questo luogo e in questo tempo.

E la missione continua:

  • Anzitutto è opera di Dio
  • Abbiamo buone ragioni per aver stima di noi stessi
  • Siamo incaricati di seminare parole e opere di fraternità.