Dt 26,1-11; Sal 96; Eb 11,1-2.8-9.23-29; Lc 5,1-11
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Lc 5,8-11)
Una delle reazioni istintive all’invito a un ricevimento importante è di pensare che dobbiamo prepararci adeguatamente, perché non siamo pronti. Possiamo addirittura ritenere che non ne siamo degni. È forse l’ostacolo più grande da superare: tenere gli occhi su quella che pensiamo sia la nostra condizione meschina di peccatori senza avere il coraggio e la libertà di spostarli sulla luce che viene da Colui che ci invita e sul luogo dove ci sta invitando, la relazione vera e piena con lui. Ci ostiniamo a credere di dover fare qualcosa per essere degni (un linguaggio sconosciuto a Gesù) e così perdiamo l’occasione ogni volta che ci viene offerta in modo totalmente gratuito. Come scriveva Marianne Williamson, «la nostra paura più profonda non è di essere inadeguati, ma di essere potenti ogni oltre limite, di essere creati e nati per risplendere». E Gesù sempre a rassicurarci: «Non temere!».
Preghiamo
Signore, tu ci chiami a un lavoro di speranza:
ci fai vedere un mondo bisognoso
e alla ricerca di segni di speranza,
dove ciascuno di noi è chiamato a lavorare.
Signore, aiutaci tu a lavorare per dare speranza!
(Anonimo)