Tt 2,2-10; Sal 36; Lc 23,28-31
Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. […] Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». (Lc 23,28.31)
All’invito si può rispondere di no. Così come fecero i primi invitati della parabola. Parole dure quelle di Gesù nel brano di oggi. La sua condanna ingiusta si ripete nelle ingiustizie di rapporti iniqui tra persone e popoli. E la conseguenza – non una punizione – che Gesù preannuncia per Gerusalemme sarà disastrosa, ma anche nel cammino al calvario notiamo come le sue parole siano generate da un senso di compassione e non di rabbia e di condanna. Come può la pace sostenersi nell’ingiustizia? In un mondo dove i conflitti sembrano all’odine del giorno, chiediamoci dove sta il nostro posto come cristiani. Non in atteggiamenti di cinismo, fatalismo o indifferenza, ma in atteggiamento di vera intercessione: «Mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto. […] Non posso mai mettere sullo stesso piano assassini e vittime, trasgressori della legge e difensori della stessa. Però, quando guardo le persone, nessuna mi è indifferente, per nessuno provo odio o azzardo un giudizio interiore, e neppure scelgo di stare dalla parte di chi soffre per maledire chi fa soffrire. Gesù non maledice chi lo crocifigge, ma muore anche per lui». Questo intervento di monsignor Carlo Maria Martini risale al febbraio del 2003, ma non ha certo perduto la sua attualità.
Preghiamo
Il frutto del silenzio è la preghiera.
Il frutto della preghiera è la fede.
Il frutto della fede è l’amore.
Il frutto dell’amore è il servizio
Il frutto del servizio è la pace.
(Madre Teresa di Calcutta)